Altri sei mesi di indagini. E’ questa la richiesta da parte della Procura di AVELLINO in merito all’indagine legata all’inaugurazione dei lavori di bonifica all’ex Isochimica di AVELLINO. La proroga servirà ai consulenti nominati dai Pm di redarre la documentazione a supporto delle indagini. Tutto nasce all’indomani del 27 marzo quando, presso l’ex stabilimento di Borgo Ferrovia, ci fu una vera e propria inaugurazione per l’avvio della bonifica della fabbrica dei veleni. Un evento che vide la partecipazione, tra gli altri, anche del Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, oltre all’allora commissario prefettizio del comune di AVELLINO, Giuseppe Priolo, dirigenti comunali e consiglieri regionali irpini. Tutti presenti per quello che è stato definito un giorno storico, ma quell’ingresso all’interno dell’Isochimica sarebbe avvenuto in aperta violazione di quei sigilli apposti ai cancelli dello stabilimento. Secondo il sequestro firmato tempo prima dal giudice Sonia Matarazzo, all’interno dell’impianto possono accedere solo gli operai addetti alla bonifica, e muniti di tutte le precauzioni del caso, e, in particolari necessità, i custodi giudiziari. Nel caso dell’inaugurazione dei lavori tutto questo non è avvenuto, anzi all’interno dell’Isochimica entrò chiunque portando la Procura ad avviare un’indagine su quanto avvenuto e ipotizzando a carico dei custodi giudiziari il reato di violazione dei sigilli e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, aggravati dalla mancanza delle dovute precauzioni da parte dei visitatori. Lo stabilimento di Borgo Ferrovia si trova al centro del processo in corso di svolgimento in un’aula bunker di Poggioreale . Negli anni ’80 lo stabilimento si occupava della scoibentazione delle carrozze di Ferrovie dello Stadio. Operazione che avveniva a cielo aperto e con gli operai non dotati delle necessarie attrezzature per proteggersi dall’amianto tolto dalle carrozze. Molti di loro si sono ammalati di asbesto correlate, patologia che sta lentamente portando alla morte chi ha lavorato in quella fabbrica. Proprio le misure di sicurezza sono al centro del processo, oltre alle modalità con cui veniva smaltito l’amianto, secondo testimoni anche interrandolo all’interno dello stabilimento.
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