“Volevano che mi pentissi ma non mi pentirò mai. Ero disposto pure ad uccidermi”. E’ quello che ha riferito, questa mattina, in videoconferenza dal carcere di Tolmezzo, Michele Zagaria, dinanzi al tribunale di Napoli Nord, presidente Chiaromonte e al pubblico ministero della Dda di Napoli Maurizio Giordano. Il boss detenuto al 41 bis, difeso dall’avvocato Paolo Di Furia, era sotto processo per associazione camorristica. Nel procedimento stralcio già terminato dinanzi alla Corte di Appello di Napoli sono state già condannate la sorella del boss, Beatrice Zagaria a tre anni di carcere, e le cognate a due anni. Secondo le accuse avrebbero ricevuto lo stipendio dal clan per fare una vita nel lusso. Questa mattina, nel processo a carico dell’ex primula rossa, è stato ascoltato un ispettore della polizia penitenziaria del carcere di Opera che ha confermato di aver individuato i parenti di Zagaria quali destinatari dei messaggi criptati nel corso dei colloqui settimanali avvenuti all’interno del penitenziario milanese.
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