Omissione di denuncia. Con questo reato sono state citate a giudizio dal pm Paola Izzo della procura di Napoli Nord due maestre e la dirigente scolastica dell’istituto frequentato da Giuseppe Dorice, il bimbo di sette anni ucciso di botte dal patrigno Toni Essobti Badre il 27 gennaio scorso a Cardito. L’udienza si terrà davanti al giudice monocratico del Tribunale di Napoli Nord e non è ancora stata fissata. La svolta dopo la raccolta di alcune testimonianze nelle quali si faceva riferimento alla circostanza che la sorellina di Giuseppe aveva raccontato alle maestre e alla preside delle violenze subite in famiglia. Aveva chiesto aiuto e a confermarlo, davanti alla Terza Corte di Assise di Napoli dove è imputato Toni e la compagna, mamma dei due bambini, per il solo reato di omessa vigilanza, è stata la neuropsichiatra infantile Carmelinda Falco, che ha visitato la sorellina di Giuseppe quando era ricoverata nell’ospedale Santobono di Napoli. La dottoressa Falco, consulente in neuropsichiatria infantile della Procura, ha ricordato le frasi che la bimba le ha riferito in occasione di un incontro protetto: “Cosa dicevi alle maestre? E la bimba ha risposto: dicevo chiama i carabinieri e non li hanno chiamati”. Un’escussione durata diverse ore. Sollecitata dall’avvocato di parte civile Clara Niola, che rappresenta Cam Telefono Azzurro e l’associazione Akira. In tutte le udienze del processo ha sempre assistito il padre naturale della piccola vittima e delle sue due sorelline, difeso dall’avvocato Gennaro Demetrio Paipais, che però non si è costituito parte civile. Un padre che però era assente, come emerge ancora dagli accertamenti della dottoressa Falco. La dottoressa Falco ha anche riferito sull’altra sorellina di Giuseppe, la quale ha mimato, con un suo pupazzetto, le violenze di cui erano stati vittima i due fratellini. Il medico, rispondendo alle domande del difensore di Toni Badre, l’avvocato Pietro Rossi, ha ammesso che i bambini, possono, in taluni circostanze, riferire risposte compiacenti alle domande che le venivano rivolte dai medici, ma ha anche sottolineato che, nel caso della sorellina di Giuseppe, la bambina, “molte volte ha riferito gli stessi eventi con le stesse modalità”.
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