Riccardo Cocciante ritorna a Napoli con Notre dame de Paris, lo spettacolo diventato un fenomeno mondiale che, per la ottava volta, andrà in scena al Palapartenope dal 3 all’8 dicembre. Duecentocinquanta biglietti per assistere al musical verranno donati a cittadini fragili seguiti dal progetto comunale delle Agenzie di Cittadinanza.
Il musicista, durante l’appuntamento con la stampa diventato un piccolo concerto grazie alla presenza di un pianoforte in sala, sottolinea come l’opera sia un inno alla diversità.
“Esmeralda è una zingara, Frollo un prete che si innamora e fa quindi una cosa per lui sbagliata, si racconta di stranieri. Anche io sono un diverso, e ho imposto questa mia diversita'”, dice. Dallo scorso aprile uno dei brani più celebri dello show, ‘Il tempo delle cattedrali’, si è trasformato in un inno dopo l’incendio devastante che ha ferito la cattedrale simbolo di Parigi. “In quel disastro c’è stata una nota positiva – dice l’artista – perché il mondo si è unito intorno a Notre Dame, ha superato le separazioni, problema principale dell’umanità, proprio come accade dopo una guerra”. Elhaida Dani, nuova Esmeralda dal 2018, è nel cast napoletano con Giò Di Tonno (Quasimodo), Vittorio Matteucci (Frollo), Leonardo Di Minno (Clopin), Matteo Setti (Gringoire), Graziano Galatone (Febo) e Tania Tuccinardi (Fiordaliso) e oltre 30 artisti tra ballerini, acrobati e breaker. La produzione della versione del capolavoro di Victor Hugo di Luc Plamondon, per il testo italiano di Pasquale Panella, è di David e Clemente Zard; la messa in scena diretta da Gilles Maheu, è stata già declinata in nove lingue, con tour dalla Russia alla Cina, alla Corea, applaudita da 13 milioni di spettatori in 23 Paesi, e solo in Italia le repliche sono state 1.246. “La novità è anche che torniamo ancora, dopo più di venti anni – racconta Cocciante – un regalo fantastico per me continuare ad attrarre sempre nuove generazioni, inimmaginabile. Questa è un opera moderna, una tragedia con l’orchestra e la chitarra elettrica, dove si va in jeans e non in pelliccia. I giovani non amano la lirica che pure era uno spettacolo popolare. Notre Dame parla con il linguaggio della nostra epoca”, spiega Cocciante.
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