Santa Maria Capua Vetere. Riprenderà mercoledì,27 novembre, innanzi la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere (Presidente, Giovanna Napoletano; giudice a latere, Alessandro De Santis; pubblico ministero, Domenico Musto),il processo a carico di Emilio Lavoretano, accusato a piede libero, di essere l’assassino della moglie Katia Tondi, rinvenuta cadavere nella propria abitazione nel luglio del 2013.Nell’udienza scorsa è stato sentito prima il perito Dr. Pietro Tarsitano e poi il consulente della difesa Prof. Vittorio Fineschi. Mentre il consulente del pubblico ministero Dr. Maurizio Saliva non si è sottoposto all’esame.
Tutti ormai conoscono la perizia dell’accusa, sventagliata a “Quardo Grado”; mentre nella stesa trasmissione nessun accenno è stato fatto, invece, almeno per par condicio, alla consulenza della difesa che ha letteralmente stracciato la perizia del cosiddetto superperito della Corte. Il Dr. Tarsitano, in definitiva, ha fissato l’ora del delitto tra le 18 e le 19 e sottoposto alle incalzanti domande dell’avvocato Natalina Mastellone – in difesa dell’imputato – si è rifatto quasi esclusivamente a quanto dichiarato dagli altri periti che lo hanno preceduto.
Ha attribuito poco valore alla temperatura corporea ed al contenuto gastrico rifacendosi – tra l’altro – come ha rilevato in contraddittorio il Prof. Fineschi – a libri per studenti di medicina legale risalenti a 30/ 40 anni or sono, piuttosto che a letteratura recente. Fineschi infatti ha fatto notare che la temperatura non è uno strumento ma un dato tecnico che emerge da uno strumento per la temperatura. Ridicola e significativa però, la circostanza per il termometro che il medico intervenuto del 118 non aveva e non avendolo non ha potuto fissare la temperatura del cadavere.
Tarsitano ha attribuito, inoltre, poca importanza al residuo gastrico rinvenuto nella stomaco della donna uccisa; mentre Fineschi ha spiegato (con dovizia di particolari e la proiezione delle slide, come una vera e propria lezione universitaria di anatomia) che il residuo gastrico è importante ai fini della ricerca dell’ora della morte ed ha fatto notare che era necessario in sede di autopsia svuotare completamente lo stomaco ed analizzare con più attenzione il contenuto.
In conclusione, secondo il Dr. Tarsitano, la causa della morte è stata “una asfissia meccanica da strangolamento omicidiario” . Per quanto attiene al mezzo, invece, il perito ha stimato che può trattarsi di un laccio (nastrino). Sull’ora del decesso (che dovrebbe combaciare con l’ora del delitto), sulla temperatura corporea della vittima, sulle ipostasi e anche sul materiale gastrico rinvenuto nel corso dell’autopsia, il Tarsitano è stato vago e poco chiaro. Tuttavia, dopo aver precisato che “il non completamento del rilievo di indagini biologiche sul luogo dell’omicidio può aver limitato la raccolta di prove a carico dell’omicida”
ha stimato che “il decesso possa essere avvenuto tra le 18 e le 19 del giorno 20 luglio 2013.Il Prof. Vittorio Fineschi, Ordinario di Medicina Legale dell’Università Sapienza di Roma, in risposta all’incarico di consulenza conferitogli dall’avvocato Natalina Mastellone, per conto dell’imputato, ha concluso che:”alla luce delle solide evidenze scientifiche riportate, è possibile esprimere un giudizio in ordine agli elementi di rilievo medico-legale precedentemente discussi”. “L’esame dei parametri di rilievo tanato-crono-diagnostico consente di stimare l’epoca del decesso della Tondi in un intervallo temporale compreso tra le 2 e le 3 ore antecedenti le operazioni di sopralluogo (ore 22). In aggiunta, la presenza di fenomeni cadaverici consecutivi già al momento del rinvenimento del corpo della Tondi consente di circostanziare il giudizio delineando un intervallo temporale compreso tra i 15 e i 60 minuti precedenti al ritrovamento del cadavere. Pertanto, il confronto tra i reperti tanato-crono-diagnostici obiettivati con i dati circostanziali permette di collocare il decesso tra le ore 19:00 e le ore 19:45 del 20.07.2013”.
“La valutazione della lesività accessoria riscontrata sul cadavere della Tondi consente di sostenere con ragionevole certezza che la stessa abbia posto in essere una reazione di difesa allo strangolamento. Tale evidenza, suffragata dalla presenza di segni compatibili con lesività al volto ed un tentativo di rimozione del mezzo asfissiogeno dal collo, imponeva la ricerca di analoga lesività sul presunto aggressore”. “Tuttavia, dalla documentazione acquisita agli atti non risulta che il Lavoretano sia mai stato sottoposto a valutazione medico-legale finalizzata alla ricerca di lesioni derivanti da una eventuale colluttazione. Queste ultime, peraltro, non sarebbero state rinvenute neanche dal personale inquirente, che già dalle prime fasi delle indagini entrava in contatto con il presunto aggressore e che, anzi, hanno escluso con decisione la presenza di qualsivoglia lesione cutanea sulle parti corporee scoperte (è giusto il caso di ricordare che l’evento si è consumato in pieno periodo estivo)”.
“La mancata effettuazione di accertamenti sul Lavoretano costituisce pertanto una ulteriore, grave lacuna metodologica nello svolgimento delle operazioni peritali e nella formulazione delle conclusioni tratte dai consulenti tecnici del PM, che non risultano supportate da adeguata evidenza scientifica”. E’ un processo che – come da me ripetutamente scritto – altamente indiziario (non c’è una prova certa sulla colpevolezza del Lavoretano) e infarcito da ipotesi, dubbi, incertezze, errori investigativi, innamoramento di tesi. A parte il dato tecnico evidenziato dal prof. Fineschi sulla patologia del Lavoretano che “non avrebbe potuto avere una forza per strozzare con entrambe le mani”, in quanto affetto da una menomazione del tendine della mano destra – (ha avuto, infatti, un intervento durante il suo servizio militare); ma vi pare logico, che uno decida di strangolare la moglie davanti al figlioletto in culla, con una laccio, prendendola alle spalle? (ft)
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