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Massimo Masiello, Stefano Valanzuolo e Peppe Fonzo protagonisti del Teatro cerca Casa

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Weekend di spettacoli tra prosa e musica al Teatro cerca Casa: si parte venerdì 22 novembre ore 19 a Torre del Greco con lo spettacolo musicale Masiello canta Viviani, che vede in scena l’attore e cantante Massimo Masiello accompagnato al pianoforte dal maestro Luigi Tirozzi. Si prosegue venerdì 22 novembre ore 20.30 con la nuova drammaturgia di Peppe Fonzo, protagonista nel salotto di casa Bonadies a Portici di Fosco (storia de nu matto), che si avvale delle musiche di Flavio Feleppa. Mentre sabato 23 novembre ore 18 a Bagnoli sarà la volta di Father & Son – Inseguendo Chet Baker, soggetto, testo e narrazione di Stefano Valanzuolo, con Francesco Scelzo (chitarra) ed Enrico Valanzuolo (tromba).
Per partecipare agli eventi è necessaria la prenotazione, chiamando ai numeri 3343347090 – 3470963808 – 081 5782460, oppure attraverso il sito http://www.ilteatrocercacasa.it.
A chi prenota verrà svelato l’indirizzo del luogo che ospita lo spettacolo.
Masiello canta Viviani è un omaggio al grande autore, attore teatrale, compositore, poeta e scrittore, tratteggiato in scena dall’attore e cantante Massimo Masiello; lo spettacolo si avvale degli arrangiamenti e dell’accompagnamento al piano del maestro Luigi Tirozzi. Il titolo, cui fa ovviamente riferimento il contenuto del recital, vuole essere semplice e diretto, per indicare un omaggio sentito ad uno dei maggiori rappresentati del teatro. Un grande autore e uomo di scena, che Massimo Masiello farà rivivere attraverso una carrellata di personaggi, che compongono il complesso universo teatrale di Raffaele Viviani. ‘O guappo nnammurato, O’ marenaro nnamutato, Nu tripulino napulinano, L’ultimo scugnizzo, ‘A rumba de scugnizze e tanti altri personaggi prenderanno corpo e voce grazie all’attore e cantante Massimo Masiello, che li porterà in scena, accompagnato al pianoforte dal maestro Luigi Tirozzi, che firma anche gli arrangiamenti dello spettacolo.
Father & Son – Inseguendo Chet Baker, il nuovo spettacolo scritto da Stefano Valanzuolo, mescola verità storica e finzione, in una sorta di flashback estremo articolato secondo una sequenza di ricordi, in cui prova a raccontare il più romantico tra gli eroi della tromba. Non lo fa curiosando morbosamente tra fatti e misfatti di droga, ma inseguendo, delicatamente, il rapporto — vero o finto, poco importa — di un padre, fragile e geniale, con il proprio figlio. Un rapporto fatto di incomprensione e paura, ma anche di amore infinito per la vita e per la musica. Che sono, poi, la stessa cosa. Nel corso del racconto teatrale, la voce narrante si intreccia, in maniera evocativa, con le note di alcuni classici appartenuti a Chet Baker (My funny Valentine, Let’s get lost, Don’t explain, I fall in love too easily, Arrivederci, Estate…) qui riarrangiati ed eseguiti, con rispetto assoluto e in versione strumentale da Francesco Scelzo ed Enrico Valanzuolo.
Fosco (storia de nu matto) è ispirato a lu Frasulino, brano dialettale assolutamente sconosciuto di Domenico Modugno, che mescola la narrazione teatrale a momenti musicali e ad altre perle del cantautore salentino (lu Salinaro, Sciccareddu mbriaco, La sveglietta). Fosco lu matto è un personaggio ai margini, il pazzo/buffone che tutti deridono, sempre insultato e bastonato, un disadattato che brucia di solitudine. Prima era uno come gli altri, con un lavoro, una casa, una vita monotona e integrata nella comunità, ma un giorno impazzisce e diventa u scemo de lu pese e nessuno si chiede il perché. Sullo sfondo le immagini di un paesino del sud non meglio identificato, un contesto in cui la durezza della vita, la difficoltà dell’ignoranza, danno corpo alla storia de nu povero cristo. “È un lavoro dedicato ad un mio pro zio, Peppe Lu Negus, lu scemo di Casalbore (paese originario di mia madre arroccato su una montagna nell’entroterra Sannita, che confina con la Puglia) — racconta l’autore, attore e regista Peppe Fonzo —, luogo al quale si ispirano ambientazioni, episodi e inflessione dialettale. Peppe lu Negus era un inavvicinabile, che viveva con il suo asino, il solo a cui rivolgeva la parola. Quando mi raccontavano di lui, sentivo un profondo senso di misericordia misto ad ammirazione: un uomo isolato che sceglieva l’isolamento mentale per sfuggire alla desolazione dell’isolamento geografico. Chissà cosa pensava? Che vita aveva fatto prima di diventare Lu Negus? Mescolando le sensazioni di un bambino a testimonianze raccolte e romanzate, ispirandomi alla durezza della vita contadina del dopoguerra con i racconti veristi, nasce Fosco, un cunto musicale disarmante nella sua semplicità.”


Articolo pubblicato il giorno 20 Novembre 2019 - 16:45

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