“Non mi sono preoccupato di fare un disco solo di elettronica o solo suonato, ho messo entrambe le cose: brani di matrice jazz e progressive, altri prettamente elettronici, improvvisazioni rock e freejazz, composizioni per archi e chitarra. I miei brani sono strumentali, riflettono sull’accettazione della morte, sull’ineluttabilità del tempo che passa, del mal dell’anima che schiaccia gli uomini in questo periodo storico: la musica senza parole ha spesso un modo di raccontare con più sfumature”. Musica senza parole. Non è un caso che il nome dell’etichetta che lancia Delirium Tremens, il terzo album di Marcello Giannini, coincida con la scelta prettamente strumentale del lavoro del chitarrista napoletano. Senza parole, ma con molte cose da raccontare in musica, al crocevia tra jazz, elettronica, rock, improvvisazione e composizione.
A due anni di distanza da Digital Desert, Marcello Giannini torna con un lavoro pregevole e originale, che parte dal passato glorioso degli Slivovitz – da lui fondati nel 2001 – e arriva all’attuale militanza con i lanciatissimi Nu Guinea, attraversando tutta l’esperienza accumulata in anni di lavoro, dalla partnership con Enrico Rava a quella con Flo. Come sottolinea lo stesso chitarrista, “Delirium Tremens è esattamente una sintesi tra i precedenti album Frammenti e Digital Desert. A differenza dei precedenti, racchiude tutte le diverse ricerche musicali accumulate in questi anni. Tra composizione e improvvisazione, Delirium Tremens è assolutamente in mezzo. Forse, rispetto a Frammenti, c’è meno improvvisazione radicale, meno impro se vogliamo chiamarlo così”.
In questo album che NoWords pubblica solo in digitale, disponibile in streaming e download su tutte le piattaforme (Spotify, YouTube Music, iTunes, Amazon etc.), Marcello Giannini chiama a raccolta tanti musicisti a lui cari, da Dario Deidda a Stefano Costanzo, passando a Pietro Santangelo e Salvatore Rainone, che con lui hanno condiviso gli anni negli Slitovitz: “Il brano Jakko è assolutamente in linea con quanto fatto con gli Slivovitz. L’esperienza Slivovitz continua a riverberare nel mio percorso attuale. Tutte le sperimentazioni che ho fatto in 17 anni con Slivovitz mi rendono il musicista che sono adesso. È stata una grande scuola”.
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