Si torna a parlare di temi sociali al Teatro Tram di Napoli: da venerdì 15 novembre a domenica 17 novembre nella sala di via Port’Alba 30 va in scena “L’isola degli invertiti”, un testo di Antonio Mocciola con la regia di Marco Prato. Una collaborazione consolidata, quella tra Mocciola e Prato, che accende i riflettori sul confino degli omosessuali durante il regime fascista.
Decine e decine di persone, infatti, furono individuate – l’omosessualità non era ufficialmente punita dal nostro codice penale semplicemente perché non se ne ammetteva neppure l’esistenza – e portate sull’isola di San Domino, nelle Tremiti, dal 1939 al 1945, come “pericolo per la pace sociale”. Un ghetto di stato rimosso dalla memoria collettiva, la cui storia torna ora alla luce con lo spettacolo scritto da Antonio Mocciola, da sempre attento a tematiche sociali, specie nel campo dei diritti civili. Sul palco, a dare voce a questa ricostruzione minuziosa ci saranno Giovanni Esposito, Bruno Petrosino e Andrea Russo.
Dopo un’accurata ricerca esegetica su documenti riservati ed inediti reperiti negli archivi di stato in collaborazione con il prof. Cristoforo Magistro, Antonio Mocciola ha ricostruito vicende sepolte nel tempo, che la storiografia ha cercato di cancellare, con la complicità dei protagonisti di questo “olocausto bianco”, travolti dalla vergogna e desiderosi solo di essere dimenticati. Nasce così “L’isola degli invertiti”, epiteto con cui, insieme a “pederasti”, venivano bollati gli omosessuali, ma anche i sospettati di esserlo. Torna alla luce, con uno spettacolo teatrale duro e originale, un’Italia beghina ed ipocrita, terrorizzata dal “diverso” e così lontana da quella odierna. Oppure no?
Alla fine degli anni ’30 partì, su ordine del Partito Nazionale Fascista ma anche per iniziative iper-zelanti di alcune questure locali (in primis quella di Catania) una spietata caccia all’omosessuale, vero o presunto. Una mattanza che porterà al confino, soprattutto nelle remote Isole Tremiti, centinaia di “invertiti”.
In questo olocausto silenzioso si intrecciano le vicende di Modesto e Vito, due personalità opposte. Fascista convinto, padre di due figli, represso e violento l’uno, sarto esuberante, gioviale, risolto nei propri gusti, e felicemente effeminato l’altro. Si conosceranno in una sala da ballo, scoccherà la scintilla, ma dopo la delazione della moglie di Modesto si troveranno entrambi prima in questura, dove avranno atteggiamenti ancora una volta opposti alle accuse del questore Molina, e poi alle Tremiti, confinati, e separati da un muro ideale, che si abbatterà una volta liberati, alla fine della guerra. I loro corpi vivranno come le loro anime: allacciati e bollenti nel primo quadro, nudi e smarriti davanti al fuoco delle accuse nel secondo, laceri e distanti, ma paradossalmente finalmente liberi, nel terzo, in cui – ormai condannati – potranno liberare la loro vera identità, che sarà sorprendentemente opposta.
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