La sentenza del Consiglio di Stato n. 7874/2019 del 18.11.2019, quindi del
massimo organo di giustizia amministrativa, è dirimente sul tema delle concessioni
demaniali a scopo turistico ricreativo non solo perché boccia senza appello la proroga
generalizzata di 15 anni prevista dalla Legge di Bilancio 2019, ma soprattutto per l’
autorevolezza della motivazione in punto di diritto sulle seguenti questioni:
a) richiamo ai principi consolidati dalla sentenza della C.G.U.E. del 14 Luglio 2016,
sulla libera concorrenza, non discriminazione, libertà di stabilimento e pubbliche
evidenze per le procedure di assegnazione delle concessioni e continuità alla
conforme giurisprudenza, costituzionale, amministrava e ordinaria dell’ordinamento
nazionale, precedente successiva a tale sentenza;
b) affermazione granitica che qualsivoglia rinnovo automatico del legislatore, oltre a
non superare lo scoglio della contrarietà all’ordinamento euro-unitrario e ai principi
costituzionali dell’ordinamento nazionale, non può essere considerato dalle
amministrazioni locali come un atto che produce effetti automatici senza la
necessità di un provvedimento amministrativo che lo integri, né tantomeno abilita
l’ente territoriale ad adottare provvedimenti autonomi in tal senso. Questo vuol dire
che un qualsivoglia provvedimento delle P.A. in materia di proroghe, se emesso, ha
natura meramente ricognitiva delle conseguenze previste dalla legge che si
produrranno solo se e solo nella misura in cui siano compatibili con il diritto
dell’Unione Europea.
Alla luce di tali evidenze, l’applicazione delle norme sulla proroga, così come
riproposta da ultimo dalla legge n. 145/2018, potrebbe creare non pochi problemi
alle amministrazioni locali, nel momento in cui i provvedimenti saranno impugnati
dinanzi alle autorità giudiziarie: quanto stabilito con quest’ultima sentenza può
difficilmente essere ignorato da dirigenti e funzionari di Regioni e Comuni senza
rischiare responsabilità personali, penali ed erariali. Chiaro sul punto il seguente
passaggio della sentenza: “Occorre poi rammentare, in particolare con riferimento
al caso qui in esame, che è ormai principio consolidato in giurisprudenza quello
secondo il quale la disapplicazione (rectius, non applicazione) della norma
nazionale confliggente con il diritto eurounitario, a maggior ragione se tale contrasto
è stato accertato dalla Corte di giustizia UE, costituisca un obbligo per lo Stato
membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per l’apparato amministrativo e
per i suoi funzionari, qualora sia chiamato ad applicare la norma interna
contrastante con il diritto eurounitario”.
D’altronde già alcune regioni si erano orientate nel senso della cautela ma le
pressioni delle associazioni di categoria dei balneari sono davvero forti ed hanno
portato a repentini cambiamenti nelle ordinanze come nel caso della Calabria che
dopo aver emanato una circolare molto dura sul punto ha nuovamente cambiato
idea invitando a fare la ricognizione.
La politica nazionale non può più adottare la strategia dello struzzo in quanto
contiguamente alla propria inerzia esiste, di contro, una magistratura amministrativa
(insieme a quella ordinaria e costituzionale) che continua a produrre sentenze
orientante ai principi indicatici dall’Unione Europea e costituzionalmente orientati. I
cittadini e gli imprenditori che hanno interesse a investire con procedure
concorrenziali, aperte ed ecocompatibili sul turismo balenare devono avere
certezze e vie d’uscita che solo la politica può indirizzare.
Allo stesso tempo dal momento che il “bene della vita” al centro dell’attenzione è il
demanio marittimo, quindi un patrimonio della collettività e non un dominio a
privilegio di pochi, la bussola che deve guidare il dibattito governativo e
parlamentare non può che essere l’ utilità pubblica e l’ equo e razionale
sfruttamento del bene stesso in modo da conciliare le esigenze dell’imprenditoria
con quelle dei diritti inalienabili dei cittadini a godere liberamente delle spiagge e del
mare. E’ per questo che chiediamo di essere legittimati a sederci al tavolo delle
“politica” con la stessa dignità delle altre associazione e formazioni sociali che
hanno a cuore gli interessi dell’ambiente e dei beni comuni con la stessa dignità ed
autorevolezza di coloro che rivendicano diritti concessori sul demanio marittimo,
bene di tutti. (Direttivo Nazionale Coordinamento Mare Libero)
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