“Ho preso il patentino. Prima ho aspettato che gli scienziati dicessero che si campa fino a 120 anni. Ho fatto 20 anni il calciatore, 22 il politico, potrei averne davanti 20 da allenatore”. Gianni Rivera è pronto a rimettersi nuovamente in gioco come allenatore. Classe 1943, l’ex Golden Boy in una intervista al ‘Corriere della Sera’ spiega i suoi progetti futuri. “Tutto è partito quando, dopo Conte, la Federazione è rimasta senza tecnico. L’allora presidente Tavecchio aveva pensato a me, ma Ulivieri, il presidente dell’associazione allenatori, gli ha detto che non avevo il titolo. Allora Tavecchio ha chiesto a Ceferin: ‘Ci tengo che Gianni abbia il titolo di allenatore’, e quello: ‘Scrivimi una lettera’. Tavecchio lo ha fatto e Ceferin ha risposto che non si poteva. Perché non gliel’abbia detto subito non so”. “I primi due corsi, quello per allenare i giovani e per assistente allenatori li ho seguiti quando ero ancora presidente del settore tecnico, per capire come funzionava. Poi già che c’ero ho preso anche l’ultimo: è stato utile. Siamo andati a visitare West Ham, Atalanta, Juventus: alla fine capisci che gli allenamenti sono quelli, il campo è sempre grande uguale”, prosegue l’ex giocatore del Milan. “Tattiche? A me viene in mente Rocco che a chi gli chiedeva come avrebbe giocato diceva: con Cudicini in porta, tutti gli altri fuori. Rocco superato? Macché, gli allenatori non devono essere protagonisti. A me diceva ‘mi te digo de fa questo e te digo de fa quell’altro però in campo te va ti. Quando parlava era una sentenza'”. Secondo Rivera bisogna ripartire “dalla tecnica. Se non torniamo a insegnare la tecnica individuale prima dell’aspetto fisico atletico non andiamo lontano. Il pallone deve prevalere sempre”. Sull’ipotesi di allenare il Milan Rivera dribbla la domanda giocando di anticipo. “Una domanda che non si può fare! Io l’allenatore lo posso fare dappertutto. Inaugurerei un sistema diverso. Cioè? Starei più in panchina, seduto! Se hai il vantaggio di vedere da vicino la partita, tanto vale guardarla… Sarei tra Rocco e Liedholm, il primo era più caldo ma non è che in campo facesse chissà che, Liedholm non si muoveva proprio. L’unica volta che si è alzato è quando uno a bordo campo faceva casino, ha detto ”ti do un pugno di vantaggio, poi cominciamo a litigare”. Si sono messi tutti a ridere”. Infine sul Var. “Posso dire che la moviola è nata per stabilire se il mio tiro nel derby del ’67 era gol o no. Alla Var all’inizio ero contrario, ora dico: se c’è perfezioniamola il più possibile, perché la Var non può sbagliare. Certo ci fosse stata ai miei tempi mi avrebbe risparmiato un bel po’ di storie”, conclude Rivera.
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