“Non possiamo più assistere agli sbeffeggiamenti di pericolosi criminali come il tunisino Ismail Kammoun, evaso due anni fa dal carcere di Volterra e liberamente in giro per l’Italia, che apre persino un profilo Facebook. Come Rade Nikolic, il pericoloso detenuto di etnia rom, evaso pochi giorni fa durante la visita ad un familiare al campo rom di Secondigliano, se non si affinano le tecniche di ricerca, non li troveremo mai con tutto ciò che comporta di rischi per i cittadini”. È quanto sostiene Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria ricordando “la clamorosa evasione di Kammoun, tunisino che avrebbe dovuto scontare nel carcere di Volterra un fine-pena-mai dopo una condanna per omicidi legati ai clan malavitosi, a riprova che gli istituti di pena, anche quelli di massima sicurezza, sono diventati alberghi da cui si esce con facilità e in cui entra di tutto, dai telefonini alla droga, alle aragoste e allo champagne. La figura del tunisino è particolarmente complessa ed ancora avvolta da troppi misteri. L’unica certezza – dice Di Giacomo – secondo la tesi diffusa tra gli stessi inquirenti è che non si sIa mosso dal nostro Paese. Per inquadrarne la pericolosità va ricordato che Cosa Nostra aveva messo una taglia sulla testa di Kammoun: il tunisino aveva «pestato i piedi» a più di un capoclan, tanto che la Cupola voleva farlo fuori. Tra i misteri c’è poi quello di risalire a chi l’ha aiutato e l’aiuta tuttora”. Il segretario del S.PP. sottolinea che da tempo il sindacato ha presentato proposte operative: più poliziotti con compiti investigativi e meno impiegati per il controllo di strade e quartieri. E nell’attività di intelligence non si può prescindere dalla polizia penitenziaria che ha un ruolo strategico da svolgere perché nelle celle si continuano a svolgere attività di comando ed organizzazione all’esterno sui territori e perché qui avviene il reclutamento di manodopera da utilizzare per la criminalità non solo comune. Inoltre, il fenomeno del terrorismo islamico, come quello della mafia nigeriana, non va affatto sottovalutato con troppi nuclei di matrice jihadista presenti in Italia e con le grandi difficoltà di controllo in carcere da parte della polizia penitenziaria che non conosce la lingua e non ha gli strumenti più adatti per il lavoro di intelligence”.
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