Napoli. Call center anche in Spagna e California per truffare anziani in tutta Italia: l’organizzazione che faceva capo al clan Contini di Napoli, sgominata oggi, era composta da sette articolazioni. Una di queste articolazioni operava in Spagna, dove era stata realizzata una centrale telefonica dalla quale partivano le telefonate agli anziani: il telefonista, italiano, parlava fluentemente spagnolo e con il suo eloquio era capace di intrattenere al telefono la vittima convincendola della necessità di pagare dei soldi per aiutare un familiare coinvolto in un incidente. Secondo la procura partenopea le truffe agli anziani avvenivano dietro l’attenta regia della cosiddetta ‘Alleanza di Secondigliano’ e del clan camorristico Contini operante nel centro di Napoli. Le cosche avevano messo in piedi un sistema di veri e propri call center, una rete presente in 10 regioni d’Italia e in Spagna, Inghilterra e California, da cui partivano le telefonate agli anziani. Gli ‘operatori’ dei call center della camorra inducevano le loro vittime a versare onerose somme di denaro per mettere in salvo il proprio figlio o il proprio nipote da una situazione di difficoltà. Una donna avrebbe addirittura ceduto la fede nuziale del marito defunto. Le somme di denaro ricevute, secondo quanto ricostruito dalla procura, venivano riciclate grazie a una gioielleria, il negozio ‘Toscano’ di corso Garibaldi a Napoli, per cui è stato disposto il sequestro. Il titolare è accusato di ricettazione. Le indagini sono partite a Milano. Nel capoluogo lombardo erano infatti state raccolte le prime denunce, a cui se ne sono aggiunte altre provenienti da Napoli e da altri territori italiani. Gran parte dei “call center” utilizzati per raggiungere telefonicamente gli anziani era a Napoli: le indagini, iniziate nel 2015 a seguito di una serie di denunce, si sono concentrate proprio sull’individuazione delle celle telefoniche. Le schede utilizzate per le telefonate venivano gettate dopo un solo giorno. La truffa era pensata in ogni suo particolare: per convincere la vittima che la telefonata arrivava da una caserma dei Carabinieri o da una stazione di Polizia, il telefonista si avvaleva di un finto sottofondo di sirene di auto delle forze dell’ordine. Anche quando la vittima, per diffidenza, interrompeva la conversazione per telefonare al 112 o al 113, in realtà il telefonista manteneva la comunicazione attiva, rispondendo egli stesso alla seconda chiamata. I truffatori erano ben organizzati anche per sviare le indagini: oltre al trucco delle schede utilizzate nell’arco di una sola giornata, era stato ideato un sistema di noleggio delle automobili che servivano per compiere le truffe in trasferta utilizzando sempre una società di noleggio diversa, anche se tutte erano dislocate sul territorio campano. L’unica “falla” era nell’utilizzo dello stesso avvocato per tutti i singoli truffatori arrestati in giro per l’Italia, destinati a processi per direttissima e spesso immediatamente scarcerati. Anche da questo aspetto gli investigatori sono partiti per individuare una mente unica dietro al sistema delle truffe che, inizialmente, appariva come parcellizzato e frutto dell’iniziativa di singoli truffatori spregiudicati.
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