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Manovra: arriva il superticket sanitario in base al reddito familiare

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Via il superticket sanitario, ticket in base al reddito familiare, taglio del cuneo fiscale da metà 2020 per 500 euro a lavoratore, fino a mille nel 2021. Mentre il Governo è a caccia di risorse per far quadrare i conti della manovra 2020, che a occhio e croce varrà circa 30 miliardi, iniziano a prendere forma i contenuti anticipati dalla nota di aggiornamento al Def presentata dal governo, il cui approdo nell’aula del Senato è previsto il 9 ottobre dopo un brevissimo esame in commissione, preceduto da un giro di audizioni. Il testo vero e proprio della manovra sarà infatti accompagnato da ben 23 disegni di legge collegati, che vanno dal completamento delle autonomie al fisco, dai giochi alla Sanità. “Abbiamo due miliardi in più per il fondo sanitario nazionale 2020 rispetto al 2019 – annuncia il ministro Roberto Speranza – basta tagli, più risorse. Abbiamo bisogno di più personale sanitario, ci siederemo subito con le regioni per il nuovo patto con la Salute. Poi abbiamo deciso di affrontare la questione del superticket, abbiamo scritto che è sbagliato, mi batterò perché venga eliminato nel più breve tempo possibile. E abbiamo deciso di collegare alla manovra un ddl di riordino della spesa del ticket, con un criterio di progressività”. Tradotto in soldoni, “chi ha di più paga di più e chi ha di meno paga di meno”.Altra misura bandiera del governo giallorosso è il taglio del cuneo fiscale. Non inizierà subito. “Nel 2020 partirà a metà anno perché bisognerà definire alcune cose prima, riguarderà il periodo luglio-dicembre”, spiega il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia. Lo stanziamento dunque sarà di 2,5 miliardi, mentre dal 2021, invece, sarà di 5 miliardi. “È l’inizio, non il punto d’arrivo”, assicura il ministro. In sostanza, spiega il segretario Pd Nicola Zingaretti, il taglio si traduce in 500 euro l’anno per lavoratore in busta paga per il 2020 e per il 2021 c’è l’impegno a raddoppiarli.Stop totale, invece, agli aumenti Iva da 23,1 miliardi. Per la verità, chiarisce la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra, “non è in campo un aumento del gettito Iva ma il discorso è aperto sul tema della redistribuzione di questo gettito rimodulando, modificando, l’allocazione dei beni da un paniere con una aliquota più alta a uno con aliquota più bassa”. Ma renziani e M5s lavorano sullo stesso fronte per seppellire ogni ipotesi che possa far gridare l’opposizione all’aumento del balzello. “Nessun dispetto al governo – assicura il leader di Italia Viva – ma l’aumento dell’Iva sarebbe un disastro”. Mentre Luigi Di Maio taglia corto spiegando di aver mantenuto la promessa fondativa del governo di non far scattare gli aumenti. Se Confcommercio plaude alla scelta di disinnescare le clausole di salvaguardia, seguendo “la strada giusta per la crescita”, i primi commenti dei sindacati alla politica economica dell’esecutivo sono piuttosto cauti. La Cgil rileva “segnali positivi di discontinuità, ma anche elementi di criticità che dovranno essere corretti in legge di Bilancio”, segnalando lo stanziamento non sufficiente per la riduzione della pressione fiscale su lavoratori e pensionati, e la previsione di crescita modesta, così come la poca ambizione sul miglioramento del tasso di disoccupazione. Per la Cisl “è un Def troppo debole su crescita, riforma fiscale, investimenti” perché non c’è discontinuità, non c’è “quella svolta auspicata da più di un anno”. Per la Uil “la prima impressione è che il documento in questione risponda solo in minima parte all’esigenza di promuovere lo sviluppo e la crescita della nostra economia”.


Articolo pubblicato il giorno 1 Ottobre 2019 - 21:32

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