“C’e’ il serio rischio di ritrovarci fuori dal carcere anche boss mafiosi e terroristi” e la possibilità di “una serie infinita di ricorsi da parte di questi detenuti”. In attesa della decisione prevista lunedì dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo sul cosiddetto “ergastolo ostativo”, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e quello della Giustizia, Alfonso Bonafede, esprimono la loro preoccupazione e lanciano l’allarme. Dopo la bocciatura da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e’ imminente dunque la decisione della Grande Camera sull’ergastolo ostativo, che non prevede benefici per i condannati al carcere a vita per reati di mafia e di terrorismo senza una loro collaborazione con la giustizia. Il governo aveva presentato richiesta di rinvio alla Grande Camera in seguito a una sentenza della Cedu di giugno scorso. Secondo la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, l’ergastolo ostativo – il cosiddetto ‘fine pena mai’ – è contrario all’articolo tre della Convenzione europea per i diritti umani perché viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Per questo, secondo Strasburgo, l’Italia deve rivedere questa legge. Ma per il capo degli M5s, che paventa “il serio rischio di ritrovarci fuori dal carcere anche boss mafiosi e terroristi”, è doveroso “aprire una seria riflessione, lo dobbiamo alle troppe vittime di mafia e terrorismo che hanno perso la vita senza nessuna colpa”. Sulla questione e’ intervenuto anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. “La posizione dell’Italia e’ chiara – spiega il Guardasigilli – l’ergastolo ostativo rappresenta un caposaldo della lotta alla mafia e al terrorismo. La legislazione italiana si e’ dimostrata molto efficace nella lotta a questi fenomeni che, tra l’altro, non sono solo italiani ma anche europei”. L’ergastolo “ostativo” stabilisce che i condannati all’ergastolo per reati di mafia e di terrorismo non possano accedere ai benefici penitenziari – e in particolare alla liberazione condizionale – se non abbiano offerto, insieme ad altre prove della loro rieducazione, anche la loro collaborazione con la giustizia. La pronuncia della Cedu riguardava la vicenda di Marcello Viola, condannato a fine anni ’90 per omicidi plurimi, occultamento di cadavere, sequestro di persona, armi e in regime di 41 bis dal 2000. La Corte ha dunque superato le peculiarità del caso sottoposto alla sua attenzione per andare dritto alla disamina dell’istituto giuridico generale. Il Governo italiano ha quindi presentato richiesta di rinvio alla Grande Camera, che ora e’ sottoposta al vaglio di ammissibilità di un panel di cinque giudici.
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