Quando Fabio Manduca, l’ultrà napoletano arrestato stamani nella sua abitazione dalla Digos di Milano in collaborazione con gli investigatori di Napoli, ha accelerato verso il gruppo di ultrà interisti, che assaltarono la ‘carovana’ di macchine dei tifosi rivali il 26 dicembre 2018, era consapevole che con quella manovra avrebbe potuto uccidere Daniele Belardinelli, come poi è accaduto. Per questo motivo nelle indagini della Procura di Milano, guidata da Francesco Greco, è stato contestato al 39enne l’omicidio volontario nella forma del ‘dolo eventuale’, ossia con l’accettazione del rischio dell’evento. Manduca, infatti, dopo aver sorpassato un’altra macchina, un’Audi A3, secondo le indagini, non ha fatto alcunché per evitare gli ultrà interisti che avevano invaso la carreggiata in via Novara all’inizio degli scontri, ma anzi si è diretto contro di loro con la sua Renault Kadjar, ha centrato Belardinelli, gli è passato sopra e non si è fermato. Manduca, lo scorso 5 aprile, si era avvalso, per la seconda volta, della facoltà di non rispondere davanti ad inquirenti e investigatori. L’ultrà in quell’occasione era stato portato da Napoli in Questura a Milano con un provvedimento di “accompagnamento coattivo per interrogatorio”, ma aveva scelto di non parlare, come aveva già fatto quando era stato convocato il primo marzo. A metà marzo, poi, il gip Guido Salvini aveva disposto, con la formula dell’incidente probatorio, una serie di complesse indagini genetiche, “papillari” e “merceologiche” su sei auto di ultras napoletani sequestrate, compresa la Kadjar di Manduca, e su tutti gli oggetti sequestrati, come coltelli, bastoni, mazze e roncole. Nella maxi inchiesta sugli scontri di S.Stefano sono indagati una trentina di ultras, tra interisti, varesini (gemellati con i nerazzurri come quelli del Nizza) e napoletani, accusati di rissa aggravata e altri reati e che erano stati iscritti tutti anche per omicidio volontario, solo un’ipotesi tecnica per svolgere gli accertamenti di questi mesi. Un’immagine di Raffaele Cutolo, il capo della Nuova camorra organizzata, e alcune frasi da lui pronunciate come: “Mi sono pentito davanti a Dio, ma non davanti agli uomini”. E’ uno dei post su Facebook che aveva pubblicato sul suo profilo Fabio Manduca, l’ultrà arrestato per l’omicidio di Daniele Belardinelli. Tra gli altri post, un’immagine del film ‘Il padrino’ con su scritto ‘chi ha tradito … tradisce e tradirà … perché infami non si diventa … si nasce’ e alcuni post intitolati ‘O’ sistema’ con frasi del tipo: “anche l’uomo più forte al mondo ha bisogno di avere una donna al suo fianco, perché quando la sua vita è un casino, proprio come in una partita a scacchi, la regina protegge sempre il suo re”. I legami con i clan della camorra da parte di Manduca, emergono dal coinvolgimento in passato dell’impresa di pompe funebri dell’ultra’ e di suo fratello in un’indagine degli investigatori napoletani. Quest’ultima ha portato al sequestro di alcune società di servizi funebri legate alla famiglia dei Cesarano, a sua volta collegata ai clan della camorra dei Nuvoletta e dei Polverino di Marano.
Articolo pubblicato il giorno 18 Ottobre 2019 - 09:51