Rimini. L’operazione dei carabinieri di Rimini che ha portato a dieci misure cautelari di cui sette in carcere e tre ai domiciliari ha permesso di evitare una potenziale lotta tra clan di camorra nel cuore della Romagna. Secondo quanto emerso, l’operazione denominata ‘Hammer’ ha permesso che due famiglie campane, i Contini e i Romaniello, non potessero arrivare a un regolamento di conti a mano armata per il controllo del territorio. A ottobre 2018 i militari del Nucleo Investigativo si concentrano sull’operatività a Viserba Monte di un’attività di noleggio autovetture, sospettata di riciclaggio. Emerge così un sodalizio camorristico capeggiato da Ciro Contini 31 anni, detto ‘faccia d’angelo’, nipote del boss Eduardo alias ‘o romano, affiancato dal suo braccio destro Antonio Acampa, 40 anni, e dai gregari Cosimo Nicolì (42) e Armando Savorra (62), pluripregiudicati napoletani da anni residenti in Riviera, nonchè da giovani “castigatori” Pasquale Palumbo (44 anni), Francesco Capasso (26) e Fabio Rivieccio (28), tutti già conosciuti dalle forze dell’ordine e in carcere. Questo nuovo clan, secondo gli investigatori, poteva già contare su un’ampia disponibilità di armi da fuoco. Inizia così una serie di violenti pestaggi nei confronti di altri soggetti riminesi ma storicamente legati a clan camorristici campani. Tra queste aggressioni, quella che scatenerà la guerra di camorra, è nei confronti di Pio Rosario De Sisto 61 anni considerato legato al clan camorristico Nuvoletta, sotto estorsione per 30 mila euro. Come ricostruito dai carabinieri, De Sisto era stato prima condotto sotto la minaccia di pistola all’interno di un capannone, immobilizzato con nastro adesivo e picchiato con mazze da baseball e martelli al cranio alle braccia. De Sisto era sopravvissuto, con prognosi superiore ai 50 giorni, e non aveva mai fatto i nomi degli aggressori. Anzi aveva raccontato di essere stato pestato da un gruppo di magrebini. Dopo De Sisto, il neo-clan riminese di Ciro Contini aggredisce Giuseppe Ripoli 41 anni, di un gruppo antagonista, capeggiato da Massimiliano Romaniello (45 anni) e Antonino Di Dato 43. Tutti e tre agli arresti domiciliari da questa mattina. L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Bologna, è partita circa un anno fa e ha evidenziato numerose ipotesi di reato tra cui estorsioni, rapine, sequestri di persona, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni e impiego di denaro di provenienza illecita, nonchè lesioni personali aggravate nei confronti di quei soggetti che non si attenevano alle richieste illecite imposte dai gruppi criminali. In particolare i casi di estorsione potrebbero essere numerosi e non ancora denunciati. “Infiltrazioni di questo tipo sono molto violente – ha commentato il procuratore della Dda di Bologna Giuseppe Amato – noi abbiamo cercato di contenerle grazie al lavoro dei carabinieri di Rimini con questa indagine conclusasi in pochissimi mesi. Contestiamo l’associazione di stampo mafioso seppur nel paradigma della camorra”, ha aggiunto. Il blitz ha evitato un’escalation di tensione che, secondo gli inquirenti, si sarebbe potuta tramutare in una guerra tra bande con gruppi armati pronti a partire dal Napoletano verso il nord Italia, pronti e difendere gli interessi illeciti dei rispettivi clan.
Nella guerra tra boss nuovi e vecchi venuta alla luce dalle indagini, si inserisce anche la vicenda del titolare di una ditta di autotrasporti che, taglieggiato per tremila euro al mese dal clan Romaniello, si rivolge al nuovo clan Contini di Rimini per essere tutelato. E’ a questo punto che le indagini dei carabinieri appurano come i vecchi boss presenti sul riminese da anni chiedono l’intercessione di famiglie criminali napoletane come i Nuvoletta, i Mazzarella e la stessa Contini per fermare i ‘giovani’ arrivati a spodestarli. Un’escalation che secondo gli investigatori dei carabinieri, se non fermata con gli arresti di oggi, avrebbe potuto condurre a conflitti armati e regolamenti di conti sul territorio riminese.
Articolo pubblicato il giorno 11 Ottobre 2019 - 17:40