A distanza di qualche settimana dalla firma dell’ennesimo accordo collettivo nazionale della medicina generale, Pinetta Vessichelli, dirigente nazionale Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti-Fismu e vicesegretario regionale Fismu-Campania (e segretario provinciale Avellino) traccia un bilancio amaro e fortemente critico di una convenzione che ancora una volta non risponde alle richieste e preoccupazioni dei medici, in particolar modo di quelli di continuità assistenziale (ex guardia medica).
“Vorrei fare una breve premessa e dire con chiarezza chi è il medico di medicina generale sottolinea Vessichelli – perché vuoi per ignoranza, vuoi per dolo, si fa spesso troppa confusione. Il medico di medicina generale è rappresentato da due categorie: il medico di assistenza primaria (ex medico di base ) e il medico di continuità assistenziale (ex guardia medica ). Semplificando: il medico di assistenza primaria è colui che lavora di giorno, nei giorni feriali, nel proprio studio, offrendo assistenza sanitaria ai propri pazienti (cioè a coloro che lo hanno scelto). Il medico di continuità assistenziale, invece, opera in strutture pubbliche, spesso fatiscenti, di notte, nei giorni prefestivi e festivi ed offre assistenza sanitaria a tutti i pazienti che ne fanno richiesta, anche recandosi spesso a domicilio. Una attività, quella di questi ultimi, fondamentale per garantire l’assistenza H24 (insieme al 118) e che per ovvie ragioni non solo è esposta a molti rischi, come dimostrano le molte aggressioni subite in questi anni, ma che crea anche molti sacrifici e non pochi problemi in ambito familiare, perché sottrae tempo agli affetti nella maggior parte delle festività. Tutto ciò viene valorizzato? Per nulla”.
“Il rapporto di lavoro – spiega ancora la dirigente nazionale Fismu – è regolamentato per entrambe le categorie dall’accordo collettivo nazionale (detto anche convenzione), dove vengono incluse anche altre aree di medici (medicina dei servizi, emergenza sanitaria territoriale..ecc.). Puntualmente, però, quando si tratta per il rinnovo della convenzione, come nella ultima, le attuali sigle sindacali firmatarie, cercano di strappare alla parte pubblica un accordo migliorativo, dimenticandosi come sempre della ‘cenerentola’ del SSN che è il medico di continuità assistenziale. Forse perché chi sigla e sostiene di rappresentare tutti i medici non conosce più la nostra realtà o non l’ha mai conosciuta”.
“Ma non si capisce perché i medici di continuità vengano trattati come professionisti di serie B – aggiunge caustica Vessichelli – di fatto, come gli altri colleghi, che rientrano nella cosiddetta ‘convenzionata’, hanno una laurea in medicina e chirurgia, svolgono un corso di formazione triennale di medicina generale (considerato negli altri paesi della comunità europea una vera e propria specializzazione), spesso sono in possesso di un’ulteriore specializzazione. Non si comprende per quale motivo al medico della continuità assistenziale, nonostante le varie Asl pretendano obblighi e doveri come un vero e proprio dipendente (badge marcatempo, turni di lavoro regolamentati, attività svolta nelle strutture pubbliche ecc..), non vengano pure riconosciuti diritti come le ferie, le malattie (se ti ammali per recuperare lo stipendio devi stare male minimo un mese). E non solo, dulcis in fundo dopo circa quarant’anni di lavoro notturno (che per tutti i lavoratori è considerato usurante ma non per il medico di continuità assistenziale) il colpo finale: una pensione da fame”.
“A questo punto mi chiedo – conclude – com’ è possibile che nel 2019 esistano ancora contratti di lavoro di questo tipo, e come mai nessun Ministro della repubblica in particolare della Salute, sia mai intervenuto in merito. Suppongo non sia difficile rispondere: il medico di continuità assistenziale non crea problemi a nessuno, fa il proprio dovere e non ha tutele professionali. Siamo dimenticati e invisibili. Quindi, caro Ministro Speranza, mi rivolgo a lei: se ha a cuore la nostra sanità pubblica, metta al centro della sua iniziativa politica, oltre che i pazienti, tutti gli operatori sanitari senza alcuna distinzione, valorizzandoli e combattendo queste ingiustizie”.
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