Il Museo Irpino di Avellino – Complesso monumentale Carcere Borbonico – ospita, con inaugurazione venerdì 11 ottobre alle ore 18, la mostra di Francesco Cocco dal titolo “Groove”, a cura di Gerardo Fiore con la presentazione critica di Ernesto Forcellino.
L’iniziativa, patrocinata dalla Provincia di Avellino, è organizzata e promossa dall’Associazione CONTEMPORANEAmente e da MONTOROCONTEMPORANEA, la rassegna nata a Montoro nel 2015 da un’idea di Gerardo Fiore, attuale direttore. Il programma propone di anno in anno una serie di mostre personali di pittura, scultura e fotografia di artisti di riconosciuta carriera che si sono distinti sul panorama nazionale, e che intendono donare il proprio contributo alla crescita della collettività verso i linguaggi dell’Arte Contemporanea. Dal 2018 è iniziata una partnership col Museo Irpino, che ospita alcuni dei progetti espositivi già presentati a Borgo di Montoro, presso il Complesso Monumentale del Corpo di Cristo.
La mostra che apre venerdì, è parte del circuito AMACI per la giornata mondiale del Contemporaneo. Nell’occasione, verrà inoltre esposta al pubblico parte della Collezione permanente d’Arte Contemporanea della Città di Montoro.
Alla serata inaugurale interverranno oltre all’artista: il Sindaco della Città di Montoro Girolamo Giaquinto; l’Assessore alla Cultura Raffaele Guariniello; Ernesto Forcellino, Docente di Filosofia; Gerardo Fiore, Direttore di Montorocontemporanea.
Giorni ed orari mostra: dal mercoledì al sabato dalle ore 9.15 alle 13.45 e dalle 16.15 alle 19.45. Domenica, lunedì e martedì chiuso. Contatti: 3891629853
Scrive Ernesto Forcellino nel testo ‘‘L’inganno del vero – Intorno all’opera di Francesco Cocco”: “Soggetto e oggetto: entro la polarità in cui si trovano annodate queste figure concettuali della tradizione, si esercita il gesto artistico di Francesco Cocco, il suo ritmo ritornante: Groove. Ma non già per replicarne gli effetti di senso, per rinnovare la dialettica rassicurante che ne disegna con nettezza il profilo e ne restituisce l’identità, quanto piuttosto per decostruirne la figura, per cancellarne i confini o indovinare i “solchi” che ne attraversano le posizioni, e cogliervi in tal modo la possibilità di far segno ad altro. Di significare altro o, al limite – al limite del tratto, al limite del gesto che ne traccia l’immagine – di non significare affatto (affondando ad esempio nel non-luogo di indifferenziate monocromìe). È anzi proprio la pretesa di abitare un mondo i cui significati ne pre-giudicano l’esperienza, catturandoli entro un complesso di forme astratte già pronte e disponibili (ideali, idealizzate e in ultima istanza “ideologiche”) a costituire il bersaglio più esplicito della sua critica pittorica. È dal peso di questa tradizione che egli intende ironicamente e provocatoriamente liberarsi. In ciò risiede anche la ragione “tecnica” del suo lavoro, laddove la deriva “pop” che la replica dell’immagine sembra suggellare secondo un ostentato gioco di superficie, non smette però d’intrecciarsi alla profondità “espressionistica” del pittorico e alla forza gestuale del fare artistico. La trama del disegno finisce così per smagliarsi nel luogo stesso in cui sembra, per contro, prender consistenza la rete relazionale ove soggetto e oggetto pervengono alla loro ragion d’essere effettiva; ossia entro le pieghe familiari del quotidiano, che ora si offre allo sguardo – secondo un sorprendente gioco di rovesciamento espressivo – nel cono d’ombra della sua inquietante estraneità.”
Francesco Cocco nasce a Scafati, una città della provincia di Salerno dove vive e lavora.
Sin da bambino respira l’atmosfera dell’arte e dei colori, osservando il padre pittore e decoratore d’interni, e accompagnandolo durante i suoi lavori. Laureatosi poi in materie economiche, continua parallelamente a coltivare il suo amore e interesse per la ricerca pittorica. La sua prima esposizione personale è del 2011, quando sceglie gli spazi sotterranei di un Palazzo di Boscoreale (Palazzo Vaiano), per ospitare i suoi lavori.
Da quegli anni la sua ricerca muta notevolmente, ma sempre seguendo un filo coerente e continuo, passando da racconti complessi su tela dove Cocco unisce la potenza di fotografie ed immagini d’epoca a scritte e persino a formule matematiche, cercando sempre di trovare anche in polemica, un equilibrio tra le teorie apprese in economia e la sua personale visione del mondo, di osservatore degli equilibri sui quali si fonda la società. Un incontro per frammenti di quotidianità, un mondo fatto di nostalgie per il passato (le fotografie) e tensione verso il futuro.
I lavori, dai colori accesi e dal segno di chiara matrice espressionista con accenti pop, in cui il desiderio del figurativo è sempre presente, negli anni seguiranno una lenta evoluzione ancora in corso, in cui ogni mostra rappresenta solo una sorta di sosta di un viaggio ininterrotto e parte di un unico flusso. Il segno ora si fa più rarefatto, persino infantile (assorbendo forse il senso della nostalgia), quasi sfiorando l’invisibile, e la pittura per scelta e assonanza si fa più vicina alle opere di matrice americana contemporanea come la potente pittura segnica di CyTwombly e per certe ambientazioni e atmosfere di silenzio a Hopper e Hockney ma anche Katz e Dumas. Il lavoro si fa “microscopico” come a voler penetrare nelle ossa delle forme, nella struttura delle cose, in modo puntuale ed immediato, dissolvendole nella materia e nel colore, e compiendo un lavoro concettualissimo, netto, pur tutto pittorico, ma sempre da osservatore, di distanziamento dal puro oggetto significante anche attraverso il gioco dell’ironia e del disvelamento di verità “altre” che si celano dietro le apparenze sociali e culturali persino.
Nel 2016 presenta i suoi lavori in Anime Salve (dove già si avverte il bisogno di liquefare la pittura, di raccontare personaggi e maschere solo attraverso un’atmosfera, un colore, un segno) e partecipa alla collettiva Friends, presso lo spazio espositivo di Caserta del gallerista Angelo Marino, mentre del 2017 è il group show Corpus alla Saachi Gallery di Sabato Angiero.
Del 2019 è la personale Incammini a Spazio Corrosivo, curata da Beatrice Salvatore e Piero Chiariello.
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