“Altro che attenuazione del cosiddetto carcere ostativo! Chi uccide un poliziotto, un
servitore dello Stato, deve essere sottoposto in carcere al regime di detenzione più duro,
quello del 41 bis che non va assolutamente abolito e nemmeno reso più comodo”. È il
commento del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo,
all’aggressione subita da due agenti della penitenziaria ad opera di Alejandro Stephan
Meran, il domenicano di 29enne agli arresti con l’accusa di aver ucciso gli agenti Pierluigi
Rotta e Matteo Demenego nella sparatoria dello scorso 4 ottobre dentro la questura di
Trieste. “La ferocia dimostrata dall’assassino è la stessa che lo ha animato nella duplice
uccisione a Trieste a conferma – dice Di Giacomo – che per lui chiunque indossa una
divisa è un nemico ed è quindi la testimonianza di cosa intenda per il valore della vita
umana. Ebbene con questi criminali vogliamo mostrare clemenza o vogliamo fare i
buonisti sino a pensare di redimerli? Se ci fosse ancora bisogno di esempi siamo di fronte
all’ennesimo caso della confusione che regna nel nostro Paese tra vittime e carnefici”.
Per il S.PP. “bisogna mettere fine a questo sistema carcerario tipicamente italiano, dove
gli assassini godono di benefici, che rappresenta un pericolo per i cittadini e più
direttamente per il personale penitenziario, di fatto delegittimato dalle sue funzioni e dai
suoi compiti. La nostra – continua Di Giacomo – è una denuncia che ha troppe prove
provate: i mafiosi e gli uomini della criminalità organizzata intendono imporre il proprio
controllo in carcere e non aspettavano altro che questo segnale di resa da parte dello
Stato che pone il personale degli istituti di pena in una condizione di totale isolamento in
quanto gli unici difensori di legalità e giustizia”. “Noi – conclude – continuiamo a credere
che esiste una bella differenza tra vittime e carnefici”.
Articolo pubblicato il giorno 28 Ottobre 2019 - 20:02