Aziende violate dagli hacker per sottrarre i bonifici, scoperto una truffa milionaria. Dieci gli indagati nel mirino della Procura, vittime oltre 50 società finite nella rete di un gruppo di 10 pregiudicati, di età compresa tra i 20 ed i 42 anni e con base operativa nella zona orientale di Napoli (nei quartieri di Barra e Ponticelli), ritenute responsabili a vario titolo di riciclaggio, auto-riciclaggio, truffa ed accesso abusivo nei sistemi informatici.
I Carabinieri della Compagnia di Montella, a conclusione di un’articolata attività d’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, hanno proceduto alla notifica degli “avvisi di conclusione delle indagini preliminari” emessi nei confronti di 10 soggetti, di età compresa tra i 20 ed i 42 anni, con base operativa nella zona orientale di Napoli ed, in particolare, nei quartieri di Barra e Ponticelli.
Le 10 persone, tutte gravate da numerosi precedenti contro il patrimonio, sono ritenute responsabili – a vario titolo – di riciclaggio, auto-riciclaggio, truffa ed accesso abusivo nei sistemi informatici.
I prolungati e complessi approfondimenti investigativi consentivano di accertare che, nell’anno 2017, il sodalizio criminale, ripetendo un modus operandi consolidato nel tempo, aveva consumato centinaia di truffe a molteplici complessi aziendali attraverso i nuovi canali tecnologici (i cosiddetti di “computer’s crimes”).
Tutto è nato da una denuncia sporta dal titolare di un’azienda dell’Alta Irpinia il quale lamentava di non aver ricevuto il denaro da parte di un suo cliente che, invece, sosteneva di aver regolarmente effettuato il saldo della fattura. Scoperta la singola truffa, i Carabinieri di Montella, notavano che il conto corrente sul quale era finito il bonifico, presentava strani accrediti e altrettanti prelievi dell’equivalente importo.
L’attività investigativa, sviluppata con il coordinamento della III Sezione “Criminalità Economica” della Procura della Repubblica di Napoli, si estendeva inevitabilmente anche sui titolari degli altri conti correnti collegati. Meticolosi accertamenti documentali e bancari permettevano, così, di acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico degli odierni indagati i quali, a vario titolo, sono ritenuti responsabili di reiterate e plurime operazioni truffaldine. Quasi 150, infatti, sono stati i casi accertati in cui, sistematicamente, i 10 truffatori:
– si introducevano nei sistemi informatici di numerose società operanti sull’intero territorio nazionale, captando l’e-mail scambiate, nell’ambito di rapporti commerciali, tra le società hackerate e le ditte fornitrici;
– inviavano e-mail “manipolate”, con le quali si sostituivano alle ditte aventi diritto ed indicavano degli IBAN che facevano capo al sodalizio, sui quali effettuare i pagamenti delle forniture già avvenute;
– trasferivano le somme di denaro illecitamente acquisite (circa 200.000 euro) su ulteriori conti bancari, per reimpiegarle, impedirne il recupero ed ostacolare l’identificazione della provenienza illecita.
Proprio su uno di questi conti correnti venivano accertate oltre 1.600 operazioni, con una movimentazione di denaro, nell’arco dell’anno, superiore ai tre milioni di euro.
Ad essere truffate oltre una cinquantina di aziende, non solo delle province di Avellino, Napoli e Caserta ma di tutta Italia (dalla Puglia al Veneto, dalla Sicilia alla Lombardia ma anche società laziali, umbre ed abruzzesi).
Durante la medesima attività di indagine, inoltre, venivano scoperte una trentina di “truffe contrattuali”, poiché gli stessi indagati:
– ponevano in locazione, su noti siti internet di annunci, appartamenti di cui non avevano disponibilità in diverse e svariate città italiane (Bologna, Venezia, Brescia, Verona, Pistoia, Bergamo Ferrara e Cagliari);
– inducevano le vittime a farsi accreditare, con artifici e raggiri, gli importi pattuiti;
– si rendevano irreperibili, dopo aver trasferito, anche in questo caso, le somme indebitamente percepite (complessivamente circa 25.000 euro) su altri conti correnti.
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