“I detenuti lavoratori, così come i liberi cittadini, hanno diritto a percepire una remunerazione corrispondente alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, al riposo settimanale e annuale, ai benefici previdenziali e in generale a un trattamento che deve essere mutuato su quello della società libera. A stabilirlo sono state, nel corso degli anni, diverse sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale. Tuttavia, nonostante queste pronunce, l’Inps ha instaurato la disdicevole prassi del mancato riconoscimento della Naspi (già indennità di disoccupazione) a detenuti ed ex detenuti che abbiano svolto lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria per i loro periodi di quiescenza dal lavoro”. A sostenerlo è l’associazione Antigone, che si è mossa contro questa decisione dell’Inps insieme ad alcuni garanti regionali (Lazio, Umbria, Emilia Romagna, Toscana) e il Patronato INCA, contestando la prassi “che illegittimamente – affermano – diniega prestazioni previdenziali e ricorrendo contro le determinazioni negative assunte dall’INPS”. Antigone, CGIL e Inca CGIL, hanno elaborato un modello di ricorso per impugnare il rifiuto a veder riconosciuto il diritto alla naspi. Il ricorso va inoltrato attraverso la piattaforma web dell’INPS avendo cura di dotarsi di pin dispositivo. Solo agli avvocati accreditati e’ consentito di proporre ricorsi per terze persone poiché il pin é personale e legato alla propria posizione INPS. In caso di diniego anche da parte del Comitato provinciale dell’INPS sarà possibile ricorrere al tribunale del lavoro.
Articolo pubblicato il giorno 7 Ottobre 2019 - 17:22