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Un clan gestiva la curva della Juve, gli investigatori: “Comportamenti mafiosi”

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Un clan mafioso che controllava la Curva Sud dell’Allianz Stadium. Un clan non collegato alle cosche vere e proprie, ma comunque in grado pero’ di gestire centinaia di biglietti a ogni partita, ricattare, minacciare e malmenare tifosi, steward e chiunque provasse a fermarli in tutt’Italia, e anche all’estero. E’ questo il quadro probatorio che emerge dall’indagine ‘Last banner’ condotta dalla Polizia di Stato di Torino che ha portato a 12 misure cautelari e 25 denunce tra esponenti di spicco della curva della Juventus. Tutto rimonta alla fine del campionato 2017/18, quando la societa’ decide lo stop ad alcuni privilegi concessi ai gruppi ultras, come gli abbonamenti gratuiti per gli “striscionisti”. E’ cosi’ partita una campagna denigratoria e di contestazione verso la Juventus, ricollegandola all’aumento dei costi degli abbonamenti ed al rientro in squadra di Leonardo Bonucci, passato al Milan. Al centro “lui”, il 56enne Gerardo Mocciola, pregiudicato per omicidio, che allo stadio non mette piede da anni perche’ oggetto di un daspo, ma comunque in grado di gestire il gruppo dei Drughi. 700 tifosi, il gruppo piu’ rilevante della curva juventina da oltre 30 anni. (ITALPRESS) – (SEGUE). jp/mc/red 16-Set-19 13:42 NNNN Nelle oltre 200 mila intercettazioni il suo nome non lo fa mai nessuno, le utenze telefoniche non sono mai intestate a lui, cosi’ come ogni cosa. Eppure, domina il suo gruppo e l’intera curva, grazie “al carisma di UN capo, doti proprie, basate sull’intimidazione” ha spiegato il questore Giuseppe De Matteis. “I capi ultras gestivano da casa i colonnelli, e poi tramite i sodali organizzavano l’attivita’ allo stadio” ha spiegato il dirigente della Digos, Carlo Ambra. Allo stadio tutto rimontava a poi al 51enne Luca Pavarino, era lui gestire i cori razzisti in grado di far squalificare l’intera curva juventina, fino ad arrivare allo sciopero del tifo. E chi disobbediva, pagava il conto. Il procuratore aggiunto Patrizia Caputo che insieme al pubblico ministero, Chiara Maina, hanno coordinato le indagini durate piu’ di UN anno e nate da una denuncia della societa’ bianconera. “Tutte queste persone sono state arrestate per reati commessi all’interno dello stadio, con reati come le estorsioni commesse in danno alla Juventus, ma anche ai tifosi vittime di violenze private, allontanati dal loro posto malamente, bambini compresi”. Gli arrestati sono, oltre a Mocciola e Pavarino, Salvatore Cava, Domenico Scarano, Sergio Genre per i Drughi, GENRE per il gruppo ‘Tradizione – Antichi Valori’ Umberto e Massimo Toia, con Corrado Vitale; per i Viking Fabio Trinchero, Roberto Drago; per il ‘Nucleo 1985’ Christian Fasoli, e per ‘Quelli… di via Filadelfia’ Giuseppe Franzo. Sono tutti indagati per associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. Le pressioni dei capi curva arrivavano anche ai bar della curva, costretti a regalare decine di consumazioni ai capi tifosi. “UN’organizzazione militare, dove anche le persone piu’ fidate venivano allontanate, se il capo assoluto Mocciola, non era soddisfatto di quanto facevano” spiega il magistrato. Durante le perquisizioni sono stati trovati simboli di destra, UN fatto mai emerso durante le indagini, “ma significante del fatto che si tratta di persone che fanno della violenza uno stile di vita”. Il tifo, spiega ancora la Caputo, “rileggendo gli atti, e’ UN pretesto, potevano farlo per ogni altra squadra in grado di garantire UN giro di denaro simile. I tifosi andavano pagati, come figuranti a teatro”. – Impossibile quantificare il giro d’affari per ora, si vuole infatti indagare su dove i proventi del CLAN finissero, di certo Mocciola ne tratteneva per se’ come risultato da quanto e’ stato trovato dentro la sua abitazione. “La gravita’ non e’ data dall’utile ma dalla trama estorsiva e minatoria, che colpisce societa’ e i tifosi, piu’ dal lucro conseguito” spiega il procuratore capo Paolo Borgna. “Abbiamo perseguito e trovato la prova di reati, non dicerie, ma reati. Abbiamo dimostrato UN luogo comune” ha spiegato Ambra. “Per riuscirci sono stati monitorati incontri tra capi ultra’ in giardini pubblici o ristoranti, UN percorso complicato” ammette il dirigente della Digos, con anche delle dinamiche interne complesse: nella scorsa stagione ci fu una protesta contro la Curva Sud nella gara con l’Udinese, alla trasferta successiva a Genova, i capi ultras fecero rimuovere gli striscioni dei club protagonisti della contestazione. In UN’altra fase il gruppo True Boys e’ entrato in contraddizione con il gruppo Tradizione. Aggirando tutti i controlli, grazie a 8 ricevitorie compiacenti, gestivano 300 biglietti per ogni trasferta, e lucravano anche sui loro aderenti. “Abbiamo dimostrato l’imprenditorialita’ del bagarinaggio, le indagini proseguiranno”, spiega Ambra. I primi effetti concreti si avranno sabato nella gara contro il Verona alle 18, quando tutti gli striscioni dei gruppi storici del tifo non potranno piu’ entrare allo Stadium. Il questore prevede una partita tesa, ma tutto sembra pronto per evitare ulteriori problemi. “Come le cosche mafiose cercano di controllare il territorio, così le persone coinvolte nell’indagine cercano di controllare una parte dello stadio, in particolare la curva sud, con comportamenti tipici di metodi mafiosi, come le intimidazioni” ha spiegato Patrizia Caputo procuratore aggiunto, coordinatore del gruppo criminalità organizzata, che ha proseguito “il tifo è un pretesto, quello che hanno fatto per la Juventus potevano farlo per qualunque altra squadra che potesse garantire un giro di denaro come quello della Juventus perché poi è questo ciò che interessa a questi soggetti”. “Però – ha precisato il magistrato – per contestare il 416 bis ci vuole qualcosa di più, non ci sono condotte sufficienti per contestare il reato di associazione di stampo mafioso e tra l’altro, nella nostra indagine non abbiamo elementi di contatto fra questi gruppi ultra’ e organizzazioni mafiose”, ha osservato ancora


Articolo pubblicato il giorno 16 Settembre 2019 - 15:17

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