Con una intervista a La Repubblica, l’ex segretario del Pd Matteo Renzi annuncia la rottura e procede con una scissione. “Quello che mi spinge a lasciare è la mancanza di una visione sul futuro”, afferma l’ex premier, che rivendica il suo operato degli ultimi anni. “I parlamentari che mi seguiranno saranno una trentina, più o meno. Non dico che c’è un numero chiuso, ma quasi”. Renzi dice di non credere a un’unità che considera di facciata. “Voglio passare i prossimi mesi a combattere contro Salvini”, prosegue. “I gruppi autonomi nasceranno già questa settimana. E saranno un bene per tutti”, dice. L’ex segretario spiega le ragioni dello strappo. E per il governo probabilmente si allargherà la base del consenso parlamentare, l’ho detto anche a Conte. Dunque l’operazione è un bene per tutti, come osservato da Goffredo Bettini. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Il ragionamento è più ampio e sarà nel Paese, non solo nei palazzi”. Così sarà più il fronte anti-Salvini? “È il contrario. Abbiamo fatto un capolavoro tattico mettendo in minoranza Salvini con gli strumenti della democrazia parlamentare. Ma il populismo cattivo che esprime non è battuto e va sconfitto nella società. E credo che le liturgie di un Pd organizzato scientificamente in correnti e impegnato in una faticosa e autoreferenziale ricerca dell’unità come bene supremo non funzionino più”. L’unità è una richiesta che viene soprattutto dalla base. Zingaretti ha fatto di tutto per mantenerla. Cos’è che gli rimprovera? “Non ho un problema personale con Zingaretti, né lui ha un problema con me. Abbiamo sempre discusso e abbiamo sempre mantenuto toni di civiltà personali. Qui c’è un fatto politico. Il Pd nasce come grande intuizione di un partito all’americana capace di riconoscersi in un leader carismatico e fondato sulle primarie. Chi ha tentato di interpretare questo ruolo è stato sconfitto dal fuoco amico. Oggi il Pd è un insieme di correnti. E temo che non sarà in grado da solo di rispondere alle aggressioni di Salvini e alla difficile convivenza con i 5 Stelle”. “Di Maio non convince. Non ho fatto tutto questo lavoro per morire socio di Rousseau. Per me la politica è un’altra cosa rispetto all’algoritmo di Casaleggio. Ma non voglio disturbare il Pd. La nostra Casa non si candiderà né alle regionali né alle comunali almeno per un anno. Chi vorrà impegnarsi lo farà con liste civiche o da indipendente. La prima elezione cui ci presenteremo saranno le politiche, sperando che siano nel 2023. E poi le Europee del 2024. Abbiamo tempo e fiato”. Renzi non si sbilancia sul nome della futura formazione: “Il nome non glielo dico, ma non sarà un partito tradizionale, sarà una casa. E sarà femminista con molte donne di livello alla guida. Teresa Bellanova sarà la capo delegazione nel governo”.
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