ÂÂVogliamo provare ad unire paradigmi diversi di due scienze sociali che sono sempre state complementari: lâÂÂantropologia e lâÂÂeconomia. Da un lato, la ricerca di Vito Teti sul senso dei luoghi abbandonati, le sue pietre di pane che parlano di passato ma anche di futuro, le relazioni lente, i paesaggi interiori di chi resta nellâÂÂItalia disabitata e nelle terre incolte; dallâÂÂaltro, le visioni di Stefano Zamagni, Luigino Bruni, Leonardo Becchetti e suor Alessandra Smerilli per una nuova Economia al servizio dellâÂÂuomo e dei territori, una nuova Economia 4.0 che risponda ai bisogni veri delle donne e degli uomini allâÂÂepoca dei consumi impazziti, degli sprechi energetici ed alimentari e della finanza speculativa, unâÂÂEconomia che sia albero maestro della civiltàcontemporanea, centrata sui legami di comunità, e non un esercizio muscolare teso ad escludere persone e territori vulnerabili. Restare non significa, dunque, arrendersi al progresso che avanza e passa sulle teste delle popolazioni delle terre spopolate, ma uno sforzo straordinario per nuovi sogni. Non più il sogno fatto di capannoni industriali per offrire nuove occasioni di reddito e di lavoro, ma sogni generati da nuove forme produttive e coesive per la valorizzazione dei paesaggi e del genius loci, per unâÂÂEconomia circolare, per una distribuzione di ricchezza e di risorse che non crei gli scompensi che oggi viviamo tra i tanto ricchi e i tanto poveri. Di tutto questo vogliono parlare le piccole comunitàrurali, quelle che hanno deciso di essere Welcome, di essere porti nella terra e non muri sollevati per dividersi da finte invasioni. I Piccoli Comuni del Welcome tornano ad interrogarsi per interrogare lâÂÂItalia e lâÂÂOccidente. Sono piccoli, ma le loro domande di senso appartengono a tutti, le loro domande sono pietre di pane scagliate nella realtà4.0 perché qualcuno, raccogliendole, possa rivedere la strada da percorrereâÂÂ.
Dal 27 al 29 settembre 2019, dunque, si svolgeràla terza edizione del âÂÂPorti di TerraâÂÂ, il âÂÂFestival del Welcome and WelfareâÂÂ.
Generalmente svolto nel mese di maggio, questâÂÂanno PortidiTerra ci accoglie in settembre, il mese del vino e dellâÂÂattesa dellâÂÂolio, del nuovo principio dâÂÂanno lavorativo, scolastico, accademico. Settembre è il mese dei programmi, dei buoni propositi, dei progetti. Eâ il mese del primo fresco dopo la calura estiva e prima del grande freddo.
Settembre è dunque proprio il mese giusto, per il PortidiTerra di questâÂÂanno.
Siamo partiti dallâÂÂalluvione di fango e di cuori del 2015, dallâÂÂazione di Chiesa in uscita di Caritas Benevento e nel 2017 abbiamo fatto il primo PortidiTerra.
Siamo approdati al PortidiTerra 2018 con il âÂÂManifesto per una Rete dei Piccoli Comuni del WelcomeâÂÂ, con il quale abbiamo voluto lanciare un âÂÂalertâ ai Sindaci e agli amministratori dei piccoli Comuni dâÂÂItalia perché guardassero alla progettazione sociale possibile e giàfinanziata per sostenere le proprie comunitàe per ripensarle in chiave di sviluppo territoriale.
Il PortidiTerra 2019 è, oggi, il âÂÂluogoâ in cui questa azione pastorale prima e politica poi, le persone, gli studiosi, i Sindaci, i cittadini, le Associazioni, le persone fragili e le persone restituite alla vita, le mamme, gli studenti, le persone migranti, i giovani plurilaureati che non sono fuggiti dai nostri borghi, si ritrovano.
Per programmare un nuovo sogno di futuro. Per ripartire. Per ricominciare dal âÂÂpiccoloâÂÂ.
Nel piccolo avvengono le grandi rivoluzioni. Eâ nel piccolo che i âsogniâ si trasformano in âsegniâ. Per sognare un sogno ci vuole coraggio. Perché un sogno diventi segno ci vuole cuore.
In questa azione pastorale e politica sono importanti due numeri: 255 e 22. Il primo è un numero composto da tre numeri e da 255 persone. Il secondo è un numero composto da una distanza di prossimità.
Le donne e gli uomini âSale della Terraâ sono duecentocinquantacinque. Che se li metti in cerchio abbracciano il Duomo di Milano. E che invece hanno scelto le piccole piazze, le terre, le piccole comunitÃÂ , per sognare e avverare un sogno.
àdal âpiccoloâ, dunque, che dobbiamo ripartire. Dalla âeconomia delle relazioniâ che nel âpiccoloâ trova espressione e capacità. Perché câÂÂè un altro numero piccolo piccolo che per noi assume un valore enorme: 22. Aveva ragione Sennet: oltre i 22 metri di distanza, noi non riusciamo più a distinguere, e quindi riconoscere, il volto di una persona.
Noi abbiamo investito su questo: sui âpiccoli grandi numeriâ.
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