“L’evento doveva restare privato ed è stato reso pubblico da una scelta poco opportuna e poco intelligente, ma è gravissimo se il giovane ha incontrato anche non congiunti”. Lo ha detto Giuseppe de Carolis di Prossedi, presidente della Corte d’Appello di Napoli, intervistato da Radio Crc sul caso delle foto della festa per i 18 anni del giovane condannato in primo grado per l’omicidio del vigilantes Francesco Della Corte. “La richiesta del direttore del carcere e l’autorizzazione del giudice – ha spiegato de Carolis di Prossedi – prevedevano solo un incontro con i familiari per 4 ore con l’accompagnamento della scorta in una canonica messa a disposizione dal prete, doveva essere circoscritto a questo”. Alcune foto della festa sono state poi diffuse su Facebook da una familiare: “L’elemento social è sicuramente molto inquietante – ha aggiunto il presidente della Corte d’Appello di Napoli – perché rende qualsiasi evento privato di fatto pubblico. Immagino il disagio che hanno provato le vittime del reato a vedere una scena del genere. I social rendono tutto più complicato, anche se in questo caso, a quanto ho capito, le foto non sono state postate dall’imputato ma da una cugina che ha fatto una scelta poco opportuna, poco intelligente e anche non nell’interesse del giovane. Ha enfatizzato una situazione che doveva essere strettamente privata e che così ha assunto tutti altri aspetti”. Il presidente ha poi spiegato ancora: “Non entro nel merito del provvedimento ma posso dare un contributo di chiarezza alla vicenda. Quando si tratta di minori è previsto un percorso di risocializzazione: è chiaro che, di fronte a reati molto gravi, la tendenza dell’opinione pubblica sarebbe di mettere dentro l’imputato e buttare via la chiave, ma i principi dell’ordinamento prevedono che la pena abbia sempre la finalità rieducativa e in particolare quando sono minori l’onere per il carcere è ancora più importante. Il minore non sta scontando una pena ma è ancora in custodia cautelare e il direttore del carcere è tenuto a stabilire un programma di risocializzazione e riabilitazione per quantomeno tentare un percorso rieducativo, per avvicinare il minore a percorsi di legalità e socializzazione sana. Avvalendosi degli psicologi del carcere e del suo staff individua un percorso diverso per ogni singolo detenuto”. Il provvedimento di cui ha beneficiato il 18enne, ha sottolineato de Carolis di Prossedi, “non è un permesso premio ma si inserisce in un percorso di risocializzazione passato per diversi step: prima l’avvicinamento al mondo del lavoro con la scuola di ceramica, poi al mondo dello sport che sappiamo quanto è importante per un giovane, sappiamo quanti giovani sono stati salvati dalla strada grazie alle palestre. L’occasione del carcere è cercare di riavvicinarli a un percorso sano di socializzazione, poi che ci si riesca o meno è una scommessa, ma il nostro ordinamento impone di provarci”.
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