“Mi chiedo come si sia avuto il coraggio di pubblicare su Instagram una foto dei festeggiamenti di una persona macchiatasi di una responsabilità così grande. Noi conviviamo con il dolore mentre
chi è stato riconosciuto colpevole della morte di mio padre insieme agli altri due ragazzi, invece di nascondersi, si fa ritrarre sorridente abbracciato altre persone”. Non si da pace Marta Della Corte, la figlia di Franco, il vigilante di 51 anni ammazzato il 16 marzo del 2018 all’esterno della metro di Piscinola. Uno dei tre assassini, Ciro U. condannato in primo grado a 16 anni e otto mesi di carcere, nei giorni scorsi ha usufruito di un permesso premio dal carcere di Airola, dove è detenuto per festeggiare il suo 18esimo compleanno. Fin qui niente di strano, forse, se si ragiona nella logica del reinserimento sociale di un giovane detenuto. Solo che qualcuno ha postato sui social le foto che lo ritraggono sorridente a festeggiare appunto con parenti, amici e fidanzata. E la cosa naturalmente ha colpito non poco la famiglia di Della Corte alla vigilia del processo di Appello previsto per il prossimo 19 settembre. E Marta che sinieme al fratello Giuseppe e alla mamma Annamaria non fanno altro che pensare al loro caro congiunto che non c’è più ha spiegato: “Trovo tutto ciò vergognoso. Neanche un anno di galera che già gli hanno dato un premio. Ma è riabilitazione questa? Cosa c’è di formativo nel garantire una festa a uno che è stato condannato pochi mesi fa per omicidio volontario, per giunta con l’aggravante della crudeltà?A chi gli ha accordato quel permesso premio, mi permetto di ricordare che di recente ho compiuto 22 anni, ma non ho spento candeline, non ho avute torte, regali o foto. E lo sa perché? Perché chi oggi festeggia ha ucciso mio padre, la persona più importante della mia vita. Quelle foto erano scandite da emoticon di incoraggiamento, come facce da leoni e altre cose del genere. Perché in fondo c’è chi paragona gli assassini di mio padre a dei leoni…”. Attraverso il quotidiano Il Mattino è arrivata la replica dell’avviocato Nicola Pomponio, che assiste Ciro U: “Quelle foto non sono state postate dal mio assistito, ma caricate sul profilo Instagram da parte di una parente, ovviamente all’insaputa dello stesso Ciro U. Non c’era alcuna intenzione di offendere il dolore dei parenti della vittima, specie a pochi giorni dal processo d’appello. Quanto al permesso premio va ricordato che è stato concesso dai giudici, dopo aver letto il parere del carcere di Airola, che attesta la buona condotta del mio assistito. Si è trattato di un’uscita di poche ore, per una festa in una canonica, dove Ciro è giunto scortato, che rientra in un più ampio progetto di formazione di un minorenne”. Ciro U. è stato condannato in primo grado insieme con i suoi complici Luigi C. e Kevin A. in un processo che si è svolto con il rito abbreviato. Furono intercettati durante l’attesa degli interrogatori, sorridevano e si facevano coraggio l’uno l’altro: “Ora vediamo il giudice cosa vuole fare, lo sfogo di legge, tre o quattro mesi e siamo fuori…”.
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