“Io devo iniziare con una storia leggermente imbarazzante. Perché a volte ho paura che il mondo esterno guardi calciatori e manager come se fossimo dei o qualcosa del genere. Come cristiano, credo in un solo Dio e posso assicurare che Dio non ha nulla a che fare con il CALCIO. La verità è che tutti falliamo, costantemente. E quando ero un giovane manager ho fallito molto”. Inizia così la lunga lettera del tecnico del Liverpool Jurgen Klopp su ‘The Players Tribune’, dopo che ieri a Milano ha ricevuto il premio come miglior allenatore dell’anno della Fifa. Il tecnico tedesco ripercorre molti aneddoti della sua vita, titolando la lettera: “Forse sto sognando”. “Questa è una di quelle storie. Dobbiamo tornare al 2011. La mia squadra, il Borussia Dortmund, giocava con il Bayern Monaco. Da 20 anni non si vinceva a Monaco. Ho sempre tratto ispirazione dai film”, ha spiegato Klopp. “Così ho pensato di motivare i miei ragazzi mostrando loro quelli di Rocky Balboa. Secondo me dovrebbero far vedere tutta la serie, Rocky 1, 2, 3 e 4, nelle scuole di tutto il mondo, insegnarla come l’alfabeto. Se guardate questi film e non avete voglia di scalare una montagna, c’è qualcosa in voi che non va. Quindi la sera prima della sfida con il Bayern, ho raccolto tutti i miei giocatori in hotel per la riunione di squadra. I ragazzi erano tutti seduti. Tutte le luci erano spente”. “Dissi loro la verità della situazione: “L’ultima volta che il Dortmund ha vinto a Monaco, la maggior parte di voi era ancora portava i pannolini. Poi ho iniziato a mostrare alcune scene di Rocky IV sullo schermo. Quello con Ivan Drago. Un classico, secondo me. Dissi ai ragazzi: ”Vedete? Il Bayern Monaco è Ivan Drago. Il meglio di tutto! La migliore tecnologia! Le migliori macchine! È inarrestabile!”. “Poi vedi Rocky che si allena in Siberia nella sua piccola capanna di tronchi. Sta abbattendo alberi di pino e portando tronchi attraverso la neve e correndo verso la cima della montagna. E ho detto ai ragazzi: ”Vedete? Siamo noi. Siamo Rocky. Siamo più piccoli, sì. Ma abbiamo la passione! Abbiamo il cuore di un campione! Possiamo fare l’impossibile!!!!!”. “Mi fermai per studiare la loro reazione. Mi aspettavo di vederli in piedi sulle sedie, esaltati e pronti a scalare montagne. Invece erano tutti fermi, spenti, vuoti. Mi guardavano come se fossi un pazzo. Allora ho capito. Aspetta, quando è uscito Rocky IV, 1980…? Quando sono nati questi ragazzi? Alla fine dissi: ”Aspettate un attimo, ragazzi. Per favore, alzi la mano chi sa chi è Rocky Balboa…Solo due mani si alzarono. Sebastian Kehl e Patrick Owomoyela”, ha raccontato Klopp. “Tutto il mio discorso era stato sciocco! Avevo parlato di tecnologia sovietica e Siberia per 10 minuti, era la partita più importante della nostra carriera, ma non era servito a nulla!”. Da qui, la grande lezione di Klopp. “Questo è quello che accade nella vita reale: siamo esseri umani, ogni tanto facciamo cose imbarazzanti. Ma la parte più strana di questa storia è che non ricordo se abbiamo vinto o perso la partita, anche se sono abbastanza sicuro che sia finita 3-1 per noi. Dimentichi i risultati, ma le storie non puoi scordarle”. Il tecnico del Liverpool poi si dice “onorato di aver vinto il premio Fifa come miglior allenatore ieri sera, ma non mi piace davvero salire sul palco con un trofeo tutto da solo. Tutto ciò che ho realizzato in questo gioco è possibile solo grazie a tutti quelli che mi circondano. Non solo i miei giocatori, ma la mia famiglia, i miei figli e tutti quelli che sono stati con me sin dall’inizio, quando ero una persona molto, molto nella media. Onestamente, quando avevo 20 anni, se qualcuno fosse venuto dal futuro per dirmi tutto quello che sarebbe successo nella mia vita, non ci avrei creduto. Se lo stesso Michael J. Fox fosse arrivato sul suo hoverboard per dirmi cosa sarebbe successo, avrei detto che era impossibile…”
Articolo pubblicato il giorno 24 Settembre 2019 - 18:04