Un nuovo caso San Gimignano, questa volta a Monza. Un detenuto italiano preso a calci e pugni sul volto mentre veniva trasferito dalla sua cella nell’infermeria del carcere. Il fatto sarebbe avvenuto il 3 agosto scorso, secondo quanto denuncia la vittima che racconta di essere stato aggredito da alcuni agenti penitenziari nel corridoio della sezione D, del primo piano dell’ Istituto, davanti alla cella numero 21. Alla compagna, che lo va a trovare in carcere qualche giorno dopo il fatto, l’uomo racconta il pestaggio e a dimostrarlo ci sono gli occhi lividi, il volto tumefatto e i forti dolori che lui lamenta. L’Associazione ‘Antigone’, che si batte per i diritti nelle carceri, interviene sul caso e invia un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Monza perche’ si appuri la verita’ dei fatti. Nell’esposto il presidente di ‘Antigone’, Patrizio Gonnella, riferisce che il detenuto sostiene gli sia stato fatto firmare un foglio in cui dichiarava di essersi fatto male da solo. “Il medico che lo ha visitato – e’ scritto nell’esposto – non ha refertato alcuna lesione”. In seguito a questo episodio, al detenuto e’ stata applicata la sanzione disciplinare dell’isolamento per quindici giorni. L’uomo, che sostiene di essere in grado di riconoscere gli autori delle violenze, dopo dieci giorni dal fatto e’ stato trasferito presso la casa circondariale di Modena. Qui al momento dell’ingresso in carcere a seguito di visita medica gli sono state refertate le lesioni ancora presenti e gli sono stati dati sette giorni di prognosi. E come se non bastasse ci sono i video del sistema di sorveglianza del carcere di Monza a raccontare cosa e’ successo quella mattina del 3 agosto. Il Garante delle persone private della liberta’, Mauro Palma, subito attivatosi sul caso, ha ricevuto dalla direzione del carcere i filmati registrati dalle videocamere interne all’Istituto che – dichiara – abbiamo subito trasmesso alla Procura”. E la visione di quei filmati deve essere stata illuminante se, come spiega il ministero della Giustizia, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dopo averli visionati ha subito informato , il 13 agosto, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza di “‘comportamenti non consoni di alcuni Operatori di Polizia Penitenziaria’, con riferimento a quanto accaduto al detenuto ristretto nell’istituto lombardo”. Il ministero sottolinea come “Il fatto veniva inizialmente denunciato come aggressione da parte del detenuto al personale in servizio”, ma ”la visione delle immagini, invece, rivelava ‘un andamento dei fatti diverso da quanto risulta agli atti'”. Di conseguenza il Dap ”procedeva ad assegnare ‘il personale coinvolto in diversa misura nella vicenda in posti di servizio non a contatto con la popolazione detenuta’, in attesa delle valutazioni dell’Autorita’ giudiziaria” e “successivamente – dichiara via Arenula – alla segnalazione alla Procura e al Provveditorato regionale lombardo dell’Amministrazione penitenziaria, gli atti venivano inviati alla Direzione Generale del Personale del Dap, per le valutazioni disciplinari in merito a ‘comportamento delle unita’ di Polizia Penitenziaria nominate in oggetto non in linea con i doveri istituzionali'”. “Chiediamo alla magistratura – dichiara il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella – che accerti i fatti descritti anche alla luce del reato di tortura che punisce la condotta del pubblico ufficiale che cagiona ‘acute sofferenze fisiche’ o un ‘verificabile trauma psichico’ ad una persona privata della liberta'”. “Ci auguriamo che si arrivi presto ad accertare i fatti acquisendo tutte le prove – aggiunge – nell’interesse di tutti, e in particolare della gran parte degli operatori e dei poliziotti il cui lavoro e’ encomiabile”.
Articolo pubblicato il giorno 28 Settembre 2019 - 07:02