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Depredati 400 chilogrammi di corallo, danni per 50 anni in Costiera Amalfitana

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Occorreranno cinquant’anni circa per ‘riparare’ al danno provocato al patrimonio marino della Costiera Amalfitana, in provincia di Salerno. L’attivita’ illecita e’ stata portata alla luce dalla locale Procura della Repubblica che, attraverso le indagini svolte dai militari della Capitaneria di Porto, ha scoperto un gruppo di persone dedite alla raccolta illegale e alla commercializzazione di una specie protetta di corallo rosso, il Corallium rubrum. I dieci indagati, residenti tra le province di Napoli e Salerno, sono stati raggiunti da un provvedimento di obbligo di dimora nel proprio comune con la prescrizione di restare in casa durante una fascia oraria, per inquinamento ambientale. “In due anni sono stati raccolti 400 chili di corallo per un valore di un circa un milione di euro”, ha spiegato il comandante della Capitaneria di Porto di Salerno, Giuseppe Menna nel corso della conferenza stampa svoltasi negli uffici della Procura. I pescatori operavano attraverso una societa’ di copertura che, utilizzando un oggetto sociale fittizio, permetteva di compiere l’attivita’ illecita. “Sono contento del lavoro investigativo perche’ tutela il patrimonio marino che e’ di tutti”, ha detto il procuratore della Repubblica vicario Luca Masini, complimentandosi per la complessa attivita’ d’indagine svolta. “Tutto e’ nato dal sequestro di pochissimo corallo a bordo di un’imbarcazione attraccata al porto di Salerno. Le colleghe e la Guardia Costiera hanno voluto vedere oltre”, ha raccontato il procuratore aggiunto Alberto Cannavale, ripercorrendo le varie fasi che hanno caratterizzato l’inchiesta. Gli investigatori qualche mese fa hanno effettuato anche alcune perquisizioni, sequestrando “oltre 80-90 chili di corallo ch’era stoccato nei depositi di pescatori o soggetti che acquistavano per rivendere a societa’ produttrici di monili”. L’area maggiormente colpita e’ quella a largo della Costiera Amalfitana (Punta Campanella, Li Galli, Conca de’ Marini, lo scoglio dell’Isca) ma le immersioni, a volte, avvenivano anche in alcune localita’ della Sardegna, della Puglia e della Sicilia. Nel corso delle indagini e’ stato sequestrato un brogliaccio sul quale venivano indicati i quantitativi di corallo pescato e le somme introitate. Dati che hanno confermato la vastita’ del danno provocato al sistema ecomarino. “E’ una delle pochissime volte, forse la seconda volta a livello nazionale, in cui si contesta l’ipotesi d’inquinamento ambientale per una vicenda di attivita’ umana antropica che non e’ d’immissione di sostanze inquinanti”, ha sottolineato il sostituto procuratore Maria Carmela Polito che ha coordinato le indagini con la collega Elena Cosentino. “E’ stata possibile misurare concretamente il danno – ha spiegato Elena Cosentino – sia attraverso la comparazione di alcune riprese sottomarine della Guardia Costiera risalenti al 2017 con le attuali che con la consulenza della stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli”. Danno che non riguardera’ soltanto l’ambiente ma anche il turismo in quanto alcune delle localita’ in cui e’ avvenuta la pesca sono particolarmente richieste per suggestive immersioni.


Articolo pubblicato il giorno 10 Settembre 2019 - 08:57
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