Si e’ ufficialmente aperta, con una inedita diretta streaming voluta dall’Anm guidata da Luca Poniz e trasmessa da Radio radicale, la campagna elettorale dei sedici pm scesi in campo ‘svincolati’ dalle correnti per i due posti rimasti vacanti al Csm dopo lo scandalo dell’inchiesta di Perugia che ha portato a dimissioni dei consiglieri togati di Unicost e Magistratura Indipendente rimasti coinvolti dal trojan di Luca Palamara. Tra tante facce nuove, e seconde file delle correnti, anche un big di peso ha presentato il programma e tenuto il suo ‘comizio’ nei quindici minuti a disposizione di ognuno dei competitor accogliendo la sfida del rinnovamento morale. Si tratta di Nino Di Matteo, il pm della trattativa Stato-mafia, ora alla Direzione nazionale antimafia. “L’appartenenza a una cordata e’ l’unico mezzo per fare carriera e avere tutela quando si e’ attaccati e isolati, e questo e’ un criterio molto vicino alla mentalita’ e al metodo mafioso”, ha detto Di Matteo nel suo affondo contro la “degenerazione del correntismo”. Non ci e’ andato leggero nemmeno Fabrizio Vanorio della Dda di Napoli, volto giovane di Area, l’unica corrente rimasta fuori dall’onda di piena delle intercettazioni. “Quando Lotti, e ci tengo a ripetere due volte questo nome, assediava a Napoli i magistrati che si occupavano dell’inchiesta Consip, io l’ho detto, non sono stato zitto, e ho anche rilasciato una intervista”, ha rivendicato Vanorio per dimostrare che ci sono anime pulite anche nell’associazionismo. Una bocciatura secca per lo streaming organizzato in vista delle elezioni suppletive del prossimo 6 e 7 ottobre, e’ arrivata dall’ex Guardasigilli dem Andrea Orlando, uno dei due vicepresidenti del Pd voluti da Nicola Zingaretti. “Lo streaming dei magistrati candidati al Csm e’ l’ennesima concessione al populismo. Peccato, non e’ cosi’ che si rigenerano le istituzioni”, ha twittato Orlando, a sorpresa. “Al Csm – ha spiegato Di Matteo nel suo spot – vorrei fare soprattutto il giudice dei magistrati fuori dal sistema, di quei colleghi che sono stati ostacolati nella loro attivita'”. “Il caso Palamara rappresenta una situazione di cui siamo tutti responsabili – ha aggiunto – e penso anche a coloro i quali hanno espresso il loro voto con una mentalita’ clientelare, per ricevere poi un favore”. Nel “momento piu’ buio della magistratura ho sentito il bisogno e la voglia di mettere la mia umilta’ e il mio coraggio per dare una spallata a questo sistema”, ha concluso Di Matteo dicendo anche ‘no’ al sorteggio che e’ “una proposta incostituzionale ed e’ devastante che i magistrati, che decidono su ergastoli o su patrimoni, o sulla vita dei minori, non possano avere l’autorevolezza per eleggere i rappresentanti al Csm”. Pollice verso anche per le “riforme punitive”, posizione comune a tutti i 16 pm in lizza. Sei le donne candidate, Anna Canepa per tanti anni a Genova, Grazia Erede da Bari, Anna Chiara Fasano da Nocera Inferiore, Simona Maisto da Roma, Tiziana Siciliano procuratore aggiunto a Milano, Paola Cameran dalla Corte di Appello di Venezia. “Non esitero’ ad accendere un faro su ogni episodio men che corretto, e mi impegno a rinunciare all’indennita’ da consigliere del Csm salvo le spese, perche’ mi sembra importante dare un segno del mio disinteresse”, ha annunciato Cameran. Chiedendo un voto ‘rosa’, ha infine ricordato che “in 60 anni di storia del Csm sono stati eletti 450 consiglieri, di questi le donne sono state solo il 5%, adesso in magistratura siamo il 53%”.
Articolo pubblicato il giorno 15 Settembre 2019 - 22:49