Nove condanne. Questa la richiesta del pm Luigi Landolfi nei confronti di altrettanti imputati, che hanno scelto di affrontare il processo con rito abbreviato, coinvolti nella maxi inchiesta sull’affissione elettorale e la compravendita di voti oltre che per lo spaccio di droga nel capoluogo.
Il pubblico ministero della Dda ha invocato 20 anni per Giovanni Capone, considerato il referente del clan Belforte sul capoluogo; 14 anni per Antonio Merola; 16 anni per Antimo Italiano; 16 anni per Vincenzo Rea; 4 anni e 9 mesi per Ferruccio Coppola; 10 anni per Mario De Luca, di Casal di Principe; 9 anni per Modestino Santoro; 8 anni per Virginia Scalino; 6 anni per Clemente Vergone.
Il giudice Marro del tribunale di Napoli ha rinviato per le discussioni dei difensori degli imputati all’inizio di ottobre. Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Nello Sgambato, Gaetano Laiso, Davide De Marco, Alessandro Diana, Domenico Antonucci e Giuseppe Foglia.
Secondo l’accusa Giovanni Capone, all’epoca detenuto, utilizzando dei “pizzini” aveva dato precise disposizioni al fratello Agostino affinché si occupasse dell’affissione dei manifesti elettorali nella città di Caserta per le regionali del 2015. Quest’ultimo, avvalendosi della collaborazione materiale di Vincenzo Rea, Antimo Italiano, Antonio Merola e Antonio Zarrillo, avrebbe imposto ai candidati di fare riferimento alla società di servizi “Clean Service”, intestata alla moglie di Agostino Capone, Maria Grazia Semonella. L’imposizione avveniva sia con intimidazioni esplicite, come captato nel corso delle intercettazioni, sia attraverso minacce rivolte ai singoli soggetti sorpresi ad affiggere i manifesti a tarda notte, sia coprendo i manifesti affissi senza ricorrere alla loro società, facendo poi arrivare il messaggio che tale inconveniente non si sarebbe verificato se si fossero rivolti alla loro ditta. Nel corso delle indagini sono state captate anche conversazioni che hanno permesso di ricostruire un giro di sostanze stupefacenti nel capoluogo.
Gustavo Gentile
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