Un secolo fa nasceva Fausto Coppi, ciclista italiano tra i piu’ grandi e popolari di tutti i tempi. Figlio di Domenico e Angiolina Boveri, proprietari terrieri e contadini, quarto di cinque fratelli dopo le elementari affianco’ padre e fratello nel lavoro tra i campi. Il primo “allenamento” arrivo’ con il lavoro a Novi Ligure. Garzone, effettuava le consegne in bicicletta e tornava a Castellania dai genitori, ogni domenica. La prima bici fu un regalo dello zio Fausto: 520 lire per acquistare una Maino e correre per la prima volta su una bicicletta di qualita’. A Novi si fece notare da Biagio Cavanna, celebre massaggiatore non vedente di Costante Girardengo e Learco Guerra, che intui’ per primo le incredibili potenzialita’ di un campione. La grandezza di Coppi era tutta in quelle gambe lunghe e sottili, nei muscoli guizzanti e agili. Inoltre il ragazzo poteva confidare in una capacita’ respiratoria fuori dal comune: sette litri in condizioni normali e un sistema circolatorio quasi insensibile allo sforzo. Il torace sembrava simile a quello di un uccello, e quindi il nome ‘Airone’ divento’ una logica conseguenza. Per Brera, Coppi doveva essere “una invenzione della natura per completare il modestissimo estro meccanico della bicicletta”. La prima due ruote che gli permise di vincere una gara era una Prina realizzata su misura ad Asti pagata 600 lire e comprata con i soldi da macellaio, nuovo lavoro intrapreso dopo aver terminato l’esperienza da garzone. Il primo successo da dilettante arrivo’ con addosso i colori della squadra del Dopolavoro Aziendale Montecatini di Spinetta Marengo, correndo sul circuito di Castelletto d’Orba. La prima vittoria a cui avrebbero fatto seguito tantisismi trionfi: cinque Giri d’Italia (1940, 1947, 1949, 1952 e 1953), primatista del Giro con Binda e Merckx, due volte il Tour de France (1949 e 1952), primo ciclista a conquistare le due competizioni nello stesso anno, oltre che a farlo in maniera sistematica. Tra le vittorie nelle gare in linea spiccano cinque Giri di Lombardia (1946, 1947, 1948, 1949 e 1954), record, tre Milano-Sanremo (1946, 1948 e 1949), e la Parigi-Roubaix e la Freccia Vallone nel 1950. Nel 1953 fu campione del mondo su strada, mentre in pista vinse l’oro a Parigi nel 1947 e a Ordrup in 1949. Il record dell’ora che stabili’ nel 1942, percorrendo la distanza di 45,798 chilometri, duro’ fino al 1956. Ma non sono solo le vittorie a fare di Coppi una leggenda. Sono le imprese, la rivalita’ con Bartali, la vita privata troppo poco morigerata per gli standard del tempo, l’aneddotica legata allo Stelvio, al Col du Galibier alla Cuneo-Pinerolo. La contrapposizione con ‘Ginettaccio’ fa storia a se’. I due erano troppo diversi e sembravano perfetti per impersonificare le due facce dell’Italia. Laico, scientifico e di idee libertine Coppi, sanguigno, contadino e tradizionalista Bartali. I due, piu’ per necessita’ che per reale adesione ad un programma politico, divennero subito una metafora della dicotomia tra Dc, che vedeva in Bartali il suo corridore, e i movimenti socialisti che avevano in Coppi il punto di riferimento. La rivalita’ inizio’ quando correvano insieme e Bartali fu capitano della squadra in cui correva il giovane Coppi. Si concretizzo’ con la vittoria dell’Airone al passo del Falzarego ed esplose in occasione del mondiale del 1948 quando a Valkenburg aan de Geul i due ciclisti in squadra per la nazionale decisero di controllarsi, puntarsi e marcarsi a vicenda per evitare che uno dei due emergesse come il migliore.
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