Che Silvio Berlusconi fosse indagato nell’inchiesta riaperta dalla procura di Firenze sulle stragi mafiose del 1993 era emerso, come indiscrezione, nell’ottobre del 2017. Adesso è ufficiale e la notizia arriva da Palermo dove i legali di Silvio Berlusconi, l’avvocato Niccolò Ghedini e il professor Franco Coppi, hanno depositato presso la cancelleria della Corte d’Appellod i Palermo una dichiarazione in base alla quale il fondatore di Forza Italia risulta indagato a Firenze e dunque potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere nel processo palermitano sulla strage Stato mafia in quanto teste in un procedimento connesso. Lo ha confermato a LaPresse l’avvocato di Marcello Dell’Utri, Francesco Centonze. La deposizione di Berlusconi davanti ai giudici della Corte d’Assise e Appello (e non Corte d’Appelo come scritto in precedenza) di Palermo era prevista per il 3 ottobre prossimo giorno in cui si dovrà presentare in aula anche l’ex magistrato di Mani Pulite Antonio Di Pietro, convocato come teste dall’accusa. I legali di Berlusconi, però, avevano già fatto sapere che il Cavaliere sarebbe stato assente per impegni istituzionali al Parlamento europeo e nelle scorse ore hanno depositato in cancelleria una dichiarazione in base alla quale l’ex premier è indagato a Firenze. La procura fiorentina aveva riaperto le indagini, delegando nuovi accertamenti alla Direzione investigativa antimafia, dopo aver ricevuto dai pm di Palermo le oltre cinquemila pagine di conversazione, tutte registrate tra il 19 gennaio 2016 e il 29 marzo del 2017, in cui Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio condannato anche per le stragi del ’93, si confidava, nel carcere di Ascoli, durante l’ora d’aria, con il camorrista Umberto Adinolfi. Per i pm palermitani, Graviano, in quelle conversazioni, in più occasioni avrebbe fatto cenno o chiamato in causa il leader di Forza Italia. Una tesi avvalorata dagli esperti nominati dalla corte d’assise di Palermo nell’ambito del processo di primo grado sulla presunta ‘trattativa Stato-mafia’, secondo i quali il boss parla proprio di Berlusconi. Tesi respinta dal legale di Dell’Utri, Giuseppe Di Peri, e dai suoi esperti, secondo i quali Graviano non diceva Berlusconi, ma “bravissimo”. I giudici della corte d’Assise di Palermo avevano convocato il boss delle stragi per chiedere a lui direttamente. Ma Graviano aveva preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Graviano aveva già fatto confidenze del genere al pentito Gaspare Spatuzza le cui affermazioni erano alla base della precedente inchiesta della procura di Firenze, poi archiviata nel 2011, su un presunto coinvolgimento di Berlusconi e Dell’Utri nelle stragi del ’93.
Articolo pubblicato il giorno 25 Settembre 2019 - 19:15