“L’aggressione di un agente di polizia penitenziaria nel carcere di Trento da parte di una detenuta e il sequestro di droga in celle del carcere femminile di Pozzuoli sono i due episodi, nel giro di un paio di giorni, che confermano la necessità, da noi più volte evidenziata, di un maggiore controllo non solo nei 5 istituti su circa 200 destinati esclusivamente alle donne ma in tutte le sezioni femminili delle nostre carceri”. Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo, riferendo che al 31 agosto scorso sono 2.666 le donne detenute rispetto ad una popolazione carceraria complessiva di 60.741 detenuti. Le carceri, in gran parte vecchi reparti precedentemente maschili, con maggiori detenute sono Rebibbia (361), Pozzuoli (163), Milano Bollate (152) e Milano S.Vittore (101), Torino La Valletta (144), Firenze-Sollicciano (109), Genova-Pontedecimo (83). “Specie negli ultimi anni – evidenzia Di Giacomo – nelle organizzazioni di criminalità organizzata le donne hanno “scalato” posti di comando e come rivelano tante inchieste si sono dimostrate persino più violente degli uomini. Troppo spesso l’arresto dei propri uomini le vede sostituire capi clan di mafia, camorra e ‘ndrangheta ma anche di gruppi locali mentre è in crescita la popolazione carceraria femminile straniera anche in questo caso non più, come in passato, riferita ai “classici” reati di prostituzione e droga. Sono questi elementi che le nostre colleghe e i nostri colleghi delle sezioni femminili registrano nei comportamenti di detenute che necessitano pertanto di un’attenta attività investigativa e naturalmente di nuovo personale specifico. Altro aspetto per il quale il nostro sindacato ha manifestato grande sensibilità è quello delle donne in carcere con i propri figli: al 31 agosto scorso sono 48 le detenute con 52 bambini (25 sono straniere). E’ una situazione di autentica barbarie che va rapidamente rimossa perchè i bambini non possono e non devono condividere la cella con le madri. Come mancano spazi dedicati alle attività femminili e alle problematiche di genere aggravando le condizioni della detenzione”.
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