“Petrica era un grande lavoratore, infaticabile e onesto. E’ morto dopo un malore nei campi dell’area tra Giugliano e Parete, dove lavorava come bracciante. I caporali non hanno avuto neanche la decenza di portarlo in ospedale. Lo hanno abbandonato a casa sua. Quando è stato trasportato al Pronto Soccorso era troppo tardi”. Stefano Magliocca è un amico di Petrica Anton, il bracciante agricolo morto lo scorso 12 agosto dopo aver accusato un malore mentre era al lavoro nei campi. Ha raccontato la vicenda durante la puntata di lunedì de “La Radiazza” su Radio Marte. La sua scomparsa è l’ennesimo capitolo di morte sul lavoro legata allo sfruttamento dei braccianti, una forma odiosa di schiavismo che continua a persistere. “Si era svegliato come tutte le mattine alle 4 per andare al lavoro. Quando ha accusato il malore non hanno avuto neanche la decenza di portarlo in ospedale. Lo hanno abbandonato a casa sua, a Parete. Solo quando la padrona di casa si è accorta delle condizioni di Petrica sono stati allertati i soccorsi. Quando carabinieri e ambulanza sono arrivati sul posto, boccheggiava ancora. E’ morto in ospedale, ad Aversa, e forse – se fosse arrivato prima – si poteva salvare. Era il sostegno economico della famiglia. Lascia moglie e figli, tra cui una ragazza diciottenne che vive e studia in Romania, il suo paese d’origine, che ha perso il padre e la fonte di sostentamento per continuare gli studi”.
“Il caso di Petrica – affermano il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli e il conduttore de “La Radiazza” Gianni Simioli – rappresenta un esempio calzante di come lo sfruttamento nel settore agricolo sia un problema grave e attuale. Durante i mesi estivi i campi di trasformano in un carnaio dove i braccianti sono sottoposti a turni di lavoro estenuanti sotto il sole cocente. Esseri umani ai quali non è riconosciuta alcuna tutela, neanche l’umanità di essere trasportati in ospedale dopo un malore. Forse Petrica si sarebbe potuto salvare se i suoi caporali l’avessero portato prima al Pronto Soccorso. Ma il punto è un altro. Come è possibile che ancora oggi esistano queste sacche di profonda illegalità legate al mondo del lavoro. E’ necessaria una presa di coscienza da parte delle istituzioni. Questo mondo sommerso fatto di sfruttamento e sofferenza deve essere portato alla luce. Non è accettabile che un essere umano possa essere trattato in questo modo in un Paese che si definisce civile”.
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