“Il sovranismo è un atteggiamento di isolamento. Sono preoccupato perché si sentono discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel 1934. ‘Prima noi. Noi, noi’: sono pensieri che fanno paura”. Così Papa Francesco in un’intervista alla Stampa. “Il sovranismo è chiusura”, afferma Jorge Mario Bergoglio nell’intervista concessa il 6 agosto a Domenico Agasso jr. “Un paese deve essere sovrano, ma non chiuso. La sovranità va difesa, ma vanno protetti e promossi anche i rapporti con gli altri paesi, con la Comunità europea. Il sovranismo è un’esagerazione che finisce male sempre: porta alle guerre”. E i populismi? “Stesso discorso. All’inizio faticavo a comprenderlo perché studiando Teologia ho approfondito il popolarismo, cioè la cultura del popolo: ma una cosa è che il popolo si esprima, un’altra è imporre al popolo l’atteggiamento populista. Il popolo è sovrano (ha un modo di pensare, di esprimersi e di sentire, di valutare), invece i populismi ci portano a sovranismi: quel suffisso, ‘ismi’, non fa mai bene”. Per Papa Francesco “l’Europa non può e non deve sciogliersi. E’ un’unità storica e culturale oltre che geografica. Il sogno dei Padri Fondatori ha avuto consistenza perché è stata un’attuazione di questa unità. Ora non si deve perdere questo patrimonio”. Oggi “si è indebolita con gli anni, anche a causa di alcuni problemi di amministrazione, di dissidi interni. Ma bisogna salvarla. Dopo le elezioni, spero che inizi un processo di rilancio e che vada avanti senza interruzioni”. Il Papa si dice contento della designazione di una donna, Ursula Von der Leyen, alla carica di presidente della Commissione europea: “Anche perché una donna può essere adatta a ravvivare la forza dei Padri Fondatori. Le donne hanno la capacità di accomunare, di unire”. Per Francesco, la sfida principale è il dialogo: “Fra le parti, fra gli uomini. Il meccanismo mentale deve essere ‘prima l’Europa, poi ciascuno di noi’. Il ‘ciascuno di noi’ non è secondario, è importante, ma conta più l’Europa. Nell’Unione europea ci si deve parlare, confrontare, conoscere. Invece a volte si vedonosolo monologhi di compromesso. No: occorre anche l’ascolto”. E “il problema delle esagerazioni è che si chiude la propria identità, non ci si apre. L’identità è una ricchezza – culturale, nazionale, storica, artistica – e ogni paese ha la propria, ma va integrata col dialogo. Questo è decisivo: dalla propria identità occorre aprirsi al dialogo per ricevere dalle identità degli altri qualcosa di più grande. Mai dimenticare che il tutto è superiore alla parte. La globalizzazione, l’unità non va concepita come una sfera, ma come un poliedro: ogni popolo conserva la propria identità nell’unità con gli altri”.
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