Sei giorni di trattative. Matteo Salvini prova a volgere in suo favore una partita che si e’ complicata tanto, da fare immaginare a qualcuno dei suoi anche la via d’uscita di un “rimpastone” gialloverde – oggi negato a gran voce sia dal M5s che dalla Lega – come “ultima spiaggia”. Pd e M5s tessono i loro contatti, a tutti i livelli, per porre le basi di un governo che metta la Lega all’angolo anche sull’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Giuseppe Conte prepara il discorso in Senato che dovrebbe aprire la crisi ma potrebbe anche avviare il suo futuro politico. Il primo passaggio e’ nell’Aula di Palazzo Madama, martedi’ 20 agosto alle 15. Il presidente del Consiglio prendera’ la parola e dira’ la sua verita’ sul governo e la crisi. Poi i partiti potranno presentare risoluzioni da porre al voto: una sorta di mozioni di fiducia o sfiducia, su cui contarsi. Salvini annuncia gia’ che la Lega lo fara’. Luigi Di Maio e’ pronto a dare il via a un testo del M5s che confermi il sostegno a Conte. Il Pd al momento non ha in mente una sua iniziativa: valutera’ il da farsi, se presentare una risoluzione o uscire dall’Aula come propone Pietro Grasso, anche in base a quello che Conte dira’, perche’ l’apertura della crisi – viene fatto notare – dovrebbe consumarsi tutta dentro la maggioranza. Certo, sottolineano fonti Dem, se Conte rassegnasse le dimissioni subito dopo il suo intervento e non portasse l’Aula a una conta, renderebbe piu’ facile, nell’alveo delle consultazioni, un tentativo – “molto complesso” – per un governo M5s-Pd. Ma il premier non avrebbe ancora deciso cosa comunicare alla capigruppo che si riunira’ poco prima del suo intervento: se aprire il dibattito, con il voto sulle risoluzioni,o annunciare che si dimettera’. Ma proprio per “sventare” il “grande inciucio” che sarebbe una sua grande sconfitta, Salvini potrebbe tentare la sua mossa a sorpresa. E in extremis, se capira’ di non poter ottenere il voto, proporre a Di Maio di approvare la riforma costituzionale per il taglio dei parlamentari e poi andare a elezioni tra sei mesi, quando entrera’ in vigore. O addirittura, tentare la via ancor piu’ estrema di un “rimpastone” gialloverde sigillato da un nuovo contratto di governo: “amici come prima”. Sembra evocare questa ipotesi Gianmarco Centinaio, che invita Di Maio ad alzare il telefono e chiamare Salvini: “Io sono quello che non chiude mai le porte fino in fondo”. Giancarlo Giorgetti potrebbe andare al ministero dell’Economia al posto di Giovanni Tria, magari inviato a fare il commissario Ue. Ma il M5s, che tratterebbe a quel punto da una posizione di forza, nega decisamente. Piuttosto vanno avanti i contatti tra parlamentari semplici e dirigenti di M5s e Lega: sarebbero in campo anche “pontieri” che fanno la spola tra il segretario Dem Nicola Zingaretti e il capo M5s Di Maio. Si ragiona di temi, formule, persone per un governo di legislatura. Anche se tutto allo stadio embrionale, perche’ solo Sergio Mattarella potra’ aprire la partita, magari dando – dopo le prime consultazioni – un mandato esplorativo a una personalita’ come il presidente della Camera Roberto Fico. Per il ruolo di premier servirebbe, secondo qualcuno, una riserva della Repubblica, un nome quello di Raffaele Cantone o “un nuovo Conte”. Piu’ fonti assicurano che i “fan” di un governo di legislatura sono numerosissimi tra le fila parlamentari. Anche fuori da M5s e Pd, tanto che c’e’ chi gia’ ipotizza che possano entrare a farne parte esponenti del Misto, come i radicali e le autonomie. Qualche Cinque stelle starebbe sondando la via di un Conte bis, ma i Dem potrebbero preferire il premier uscente in un ruolo da commissario europeo o alla Farnesina. Zingaretti continua a prepararsi per il voto. La novita’ e’ che le difficolta’ emerse nelle ultime ore nel rapporto tra Salvini e Silvio Berlusconi, con il rifiuto di Fi a confluire in un listone “del Si'”, avrebbe ingrossato le truppe azzurre del non voto, indispettite anche dall’incontro a Genova del leader della Lega con Giovanni Toti. Salvini dovrebbe vedere il Cavaliere e Giorgia Meloni la prossima settimana. L’obiettivo resta il voto. Ma ora i timori sono tanti tra i leghisti, che c’e’ chi ipotizza un governo del presidente sostenuto da tutti tranne la Lega.
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