Scafati. Depositate nei termini processuali le motivazioni della sentenza emessa dal gip di Salerno, dott.ssa Marilena Albarano nei confronti del ricostituito gruppo Matrone-Buonocore egemone nel territorio scafatese. I difensori hanno già preannunciato di impugnare la sentenza relativamente alle posizioni che hanno riportato condanna. Erano già note dal 17 aprile le pene comminate agli imputati molto ridimensionate rispetto alle richieste della DDA. In alcuni casi addirittura il “verdetto” era stato a dir poco “miracoloso” soprattutto per i quattro imputati assolti. Secondo il teorema accusatorio i ‘signori’ del pizzo di Scafati che a suon di pistolettate e bombe chiedevano le tangenti ai commercianti scafatesi avevano costretto i negozianti a vivere in un clima di paura. Cinquantasette anni di carcere questa la somma degli anni di reclusione che aveva chiesto il pm della Dda Giancarlo Russo al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Salerno. Verdetto finale che ha visto condanne complessive di 30 anni con un forte sconto dovuto alle assoluzioni pronunciate dal giudice. Lo stesso Tribunale del riesame aveva confermato la prospettazione accusatoria con l’unica riforma, importante, della neutralizzazione dell’aggravante del metodo mafioso.Spiccano le assoluzioni di Palma Pasquale, Patrone Nicola, Panariello Marcello ed Elvira Improta ( tutti difesi dall’avvocato Gennaro De Gennaro). Per Palma Pasquale e Patrone Nicola il pubblico ministero aveva chiesto addirittura una condanna di 5 anni ciascuno per detenzione di armi e concorso in estorsione aggravati dal metodo mafioso. Il Patrone veniva accusato di aver partecipato all’estorsione del supermercato IPERG di Angri e di essersi interessato alla ricerca di armi.
Nonostante le gravi accuse l’imputato è stato assolto. Il suo difensore l’avvocato De Gennaro ha dovuto neutralizzare una serie di accuse molto gravi per convincere il giudice alla pronuncia assolutoria.
Condanna fortemente ridimensionata per Buonocore Giuseppe ( difeso dagli avvocati Massimo Autieri e Stella Criscuolo) considerato il nuovo reggente della presunta cosca malavitosa, condannato per due tentate estorsioni con uno sconto di 4 anni rispetto alla richiesta del PM. Condanne in linea con le attese per Barbato Crocetta Giovanni e Panariello Pasquale. Il primo difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro ha riportato una condanna di 7 anni e 2 mesi per la tentata estorsione consumata ai danni di un tabaccaio, per la detenzione di armi, reati aggravati dal metodo mafioso, riciclaggio, ricettazione e detenzione di marijuana.Il Barbato non aveva confessato i reati e non ha collaborato con la giustizia. L’unico a non confessare unitamente al Buonocore e per questo non ha beneficiato della riduzione di pena per chi confessa le sue responsabilità. Il Panariello Pasquale, difeso dalla penalista Anna Fusco, condannato alla pena di anni 6 e mesi due per tentata estorsione iper G, detenzione di armi aggravati dal metodo mafioso e detenzione di droga. Palma Antonio soggetto già coinvolto nella guerra omicidiaria di Scafati e figura apicale della criminalità vesuviana difeso dall’avvocato Gennaro De Gennaro ha riportato una condanna di 4 anni per la tentata estorsione iper G e per la detenzione di armi. Per questa tentata estorsione è stato assolto Patrone Nicola. Nappo Vincenzo, calibro 90 della criminalità scafatese, difeso dall’avvocato Massimo Torre è stato condannato a due anni. Su quest’ultimo si era soffermato molto il pubblico ministero nelle sue repliche essendo considerato una figura apicale del sodalizio. Pena di anni uno e mesi 8 per Berritto Francesco difeso dalla penalista Stefania Pierro.
Secondo gli inquirenti questi soggetti avrebbero chiesto tangenti a suon di bombe e proiettili. Tre i tentativi di estorsione avvenuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore dell’area scafatese, contestati agli imputati che facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, chiedevano ai commercianti di pagare il pizzo. Tra i vari attentati contestati, quello nei confronti dell’insegna dei Roxy Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Martiri d’Ungheria “Fly Play”. E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spinelli (ora pentito) per finire ad agosto 2017 quando finirono nel mirino la pescheria Acqua e Sale di via Montegrappa (a commettere l’attentato furono per gli inquirenti i fratelli Pana riello) il negozio di parruccheria Nico Style di Nicola Tamburo. L’Antimafia nella sua conclusione indagini ha anche contestato la lettera dal carcere che Panariello spedì al fratello nella quale sarebbe emersa la volontà del detenuto di far scomparire la pistola servita per l’attentato al ristorante pescheria. A dicembre, poi, l’estorsione al titolare di un tabacchi da parte di Giovanni Barbato Crocetta. Secondo gli inquirenti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ribadì di non essere artefice di nessun clan e il Tribunale confermò che nelle azioni delittuose non c’era agevolazione mafiosa. Gli “uomini della paura” ora dovranno difendersi in sede di appello, visto il ricorso al giudizio di secondo grado da parte dei loro difensori.
Articolo pubblicato il giorno 10 Agosto 2019 - 19:33