Il piccolo concepito con la fecondazione assistita ma durante la gravidanza la relazione è finita. L’avvocato Posillipo: “Non applicare la norma provoca situazioni spiacevoli”
Dipendente dell’ufficio anagrafe si rifiuta di attribuire il cognome del padre ad un bambino appena nato. E’ una vicenda che ha del paradossale quella che si è verificata nei giorni scorsi negli uffici della Caserma Sacchi a Caserta dove una donna si è vista negare un proprio diritto.
Partiamo con ordine. La donna è riuscita ad avere un figlio dal compagno facendo ricorso alla fecondazione assistita. Nel corso della gravidanza, però, l’amore della coppia si è esaurito. Dopo la fine della relazione l’uomo si sarebbe rifiutato di riconoscere il bambino, nonostante il “contratto” per la fecondazione assistita ne certifichi la paternità.
Così la donna si è recata in Municipio proprio per denunciare la nascita del figlio e dare il cognome del padre (mostrando il certificato al dipendente del Comune). La risposta, però, è stata imbarazzante. “Il funzionario ha detto che non rientrava nei casi di sua conoscenza – ha spiegato l’avvocato Carmen Posillipo che assiste la donna – Per questo alla mia assistita è stato consigliato di rivolgersi al Tribunale per ottenere il riconoscimento da parte del padre”.
Un paradosso anche alla luce della normativa vigente che “equipara i figli nati attraverso la fecondazione assistita ai figli legittimi – dice ancora l’avvocato Posillipo – Anzi la normativa pone un espresso divieto, per il coniuge che abbia dato il consenso alla fecondazione di tipo eterologo, di esercitare l’azione di disconoscimento della paternità”. In altre parole, spiega il legale, “basta il contratto stesso per deninciare la paternità del bambino, la tutela del quale viene prima di tutto”.
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