L’ultima settimana di agosto regala due concerti da non perdere del cartellone della 67esima edizione del Ravello Festival. Mercoledì 28 agosto (ore 23) quinto appuntamento con i concerti di mezzanotte con un talento assoluto delle percussioni, Simone Rubino.
Diplomato al Conservatorio di Torino e perfezionatosi a Monaco di Baviera, il ventiseienne è un virtuoso che ama immaginare e costruire nuovi strumenti da usare nei suoi concerti, esplosivi come fuochi d`artificio, durante i quali ne usa una marea, d`ogni timbro e fattura, passando dall’uno all’altro con infaticabile atletismo. Tanti pezzi li commissiona lui stesso, perché il repertorio va ancora ampliato. “Il futuro della musica sta nelle percussioni. È vero che affiancano l`uomo fin dalla notte dei tempi, eppure ancora non hanno raggiunto uno sviluppo pieno. E siccome tra loro non si trova il corrispettivo degli Stradivari o degli Steinway, tendo di continuo a immaginare strumenti avveniristici; e me li faccio costruire” ha di recente confermato in un’intervista.
A Ravello, sua unica data italiana estiva, Rubino presenta un programma strutturato come un rondò, in cui il motivo ricorrente è la Terza suite in do maggiore di Bach, originariamente concepita per liuto e famosa nella versione per violoncello resa sulla marimba. Ognuna delle sei danze della suite di Bach è accoppiata secondo analogie diverse e sottili a un brano ‘nuovo’. In una, Bad touch dello statunitense Casey Cangelosi, il percussionista in abito nero e guanti bianchi si muove nel buio su una base registrata, con in mano una bacchetta che risplende grazie a una luce al led arancione. “Poi presento un pezzo scritto per me dal premio Oscar cinese Tan Dun, Water spirit, in cui suono pietre e acqua con le mani, con un bicchiere di plastica, con la frusta per sbattere le uova. Perché il bello, per un percussionista, è che ogni cosa può essere usata, perfino gli attrezzi di cucina”.
Giovedì 29 agosto (ore 20) si ritorna nel Duomo di Ravello per il secondo concerto de “Le note di Sigilgaita” che vedrà protagonista l’organista titolare di Notre-Dame, Olivier Latry. Nella Cattedrale di Parigi, Latry studia e si esercita di notte sul maestoso strumento realizzato da Aristide Cavailé-Coll nel 1868 e miracolosamente risparmiato dal recente devastante incendio che ha coinvolto Notre-Dame.
La Francia vanta una tradizione organistica straordinaria, tramandata attraverso l’insegnamento al Conservatorio (Latry insegna al CNS di Parigi dal 1995) e la pratica nella grandi chiese. Latry, attraverso il suo maestro Gaston Litaize, e da questi a Marcel Dupré, risale alla scuola di Charles-Marie Widor, il leggendario organista tardo-romantico che tenne la titolarità di un altro eccezionale Cavaillé-Coll, quello di Saint-Sulpice, per sessantaquattro anni. Suo rivale, presente in questo programma con una sua trascrizione bachiana, fu Eugène Bigout, a sua volta titolare nella Chiesa di Saint Augustin, sempre a Parigi. Non poteva mancare un omaggio a un altro organista e improvvisatore celebre, Jean Guillou, titolare per cinquant’anni dell’immenso organo di Saint-Eustache, con la sua versione del Preludio e fuga su tema B.A.C.H di Liszt. Il programma contiene anche due composizioni, la prima di Mozart (eccelsa) e la seconda di Beethoven per l’organo meccanico (uno strumento collegato a un meccanismo ad orologeria che ad ore prestabilite metteva in funzione le canne con un rullo dentato, sul quale era stato preparato il brano musicale da eseguire). Furono commissionate dal conte Deym che a Vienna aveva aperto un mausoleo con la statua di cera del feldmaresciallo Laudon, circondato da appunto da carillon e orologi musicali, i quali a differenza della musica di Mozart, non sopravvissero al loro ideatore.
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