Entrare al San Paolo gremito ieri sera per la cerimonia d’apertura e trovarsi davanti a tutta quella gente è stata un’emozione che non si può descrivere. Immaginare di giocare davanti a tante persone dà ancora più motivazione: l’unione fa la forza e quindi tifosi di Cava e chiunque possa venire… stateci vicini! Venite domani allo stadio, il nostro sogno può continuare e insieme si sogna meglio!”. Un appello fatto di cuore e convinzione quello di Giuseppe Ungaro, centrocampista della Reggina, tarantino di nascita e capitano della Nazionale Universitaria di Daniele Arrigoni.
Un numero 10 sulle spalle, numero che nel calcio ha un significato tutto speciale e regala attenzione. Ma lui non ha paura e non si tira indietro di fronte alle responsabilità. Forse è per questo che Arrigoni lo ha voluto capitano: “E’ stata una scelta condivisa dalla squadra, anche perché io sono uno che si mette a disposizione del gruppo e vuole dividere le cose con gli altri. Non sono un egoista. E poi forse ha influito pure il fatto di essere il più grande”. Ventiquattro anni compiuti a maggio, studia Scienze Motorie e spera di laurearsi a ottobre. Intanto cerca una laurea calcistica alle Universiadi con la squadra italiana. Non ha ancora metabolizzato la grande emozione di essere entrato sul campo del San Paolo di Napoli e aver sfilato con tutti gli atleti: “E’ un brivido senza fine, avevo le lacrime agli occhi. Non si può descrivere ciò che si sente in un momento del genere. E’ qualcosa che rimarrà per sempre, da raccontare all’infinito a parenti, amici, chiunque. Un conto è guardarlo in tv, un conto è viverlo in prima persona. E questo ci dà una motivazione in più per cercare di fare bene. Indossare la maglia azzurra è un privilegio e un orgoglio. Ci tenevo tantissimo a esserci a queste Universiadi e non ci avrei rinunciato per nulla al mondo”.
Ungaro può vantarsi anche di aver firmato il primo gol degli azzurrini all’Universiade: contro il Messico nella ripresa ha resistito a un difensore messicano e infilato il portiere Robles Paez in uscita. Altro momento da incorniciare: “Non mi ero reso conto che la palla fosse entrata. L’ho capito dalle grida festose dei miei compagni. Non mi ero piaciuto il primo tempo, nel secondo sono riuscito a giocare più tranquillo. Sono stato felice anche perché c’era la mia famiglia in tribuna. I miei genitori hanno fatto tanti sacrifici per me. E poi tutta la squadra ci teneva a dedicare la vittoria al nostro vice Corino. E’ un momento non facile per lui e, nonostante questo, è qui con noi e questo ci dà ulteriore carica”.
Domani c’è l’Ucraina. “Noi siamo tranquilli. Rispettiamo tutti ma siamo anche coscienti che con il cuore, oltreché con la testa, si può fare bene”. Appuntamento domani, quindi, alle 18 a Cava de’ Tirreni. “Vi aspettiamo. E forza Italia”
Articolo pubblicato il giorno 4 Luglio 2019 - 20:14