Nella mattina odierna, militari appartenenti alla Stazione Carabinieri Forestale di Pietramelara hanno dato esecuzione all’Ordinanza di applicazione di misura coercitiva del divieto di dimora nella Provincia di Caserta e della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale, emessa su richiesta della Procura dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di M.A., di anni sessantasei, in qualità di legale rappresentante dell’omonima Azienda Agricola bovina sita in Roccaromana. L’articolata e complessa attività investigativa ha consentito di verificare che detta Azienda, in assenza di qualsivoglia piano di gestione dei reflui, nella specie dell ‘utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici di cui alla normativa tecnica della Regione Campania, aveva scaricato abusivamente i propri liquami direttamente su un’area sita in località Contrada Casillo e sul fondo agricolo denominato Loc. Ortenzio. L’indagine trae origine da un intervento operato d’iniziativa dai Carabinieri Forestali della Stazione di Pietramelara presso la predetta azienda: all’atto del sopralluogo gli agenti operanti avevano riscontrato la presenza di ingenti quantità di liquami zootecnici sversati in maniera incontrollata sui terreni ad essa adiacenti: più precisamente, sul fondo sito in “Contrada Casillo”, dell’estensione di circa 3 ettari, veniva accertato lo spandimento di una «quantità di rifiuti zootecnici così ingente da determinare l’innalzamento del fondo stesso di circa 1,30 metri al di sopra del suo livello naturale; mentre sul fondo ‘Ortenzio”, avente l’estensione di circa 1,50 ettari, veniva parimenti accertata la presenza di “un’ingentissima quantità di liquami”, che, oltre a spandersi sul terreno, tracimavano su un canale di scolo adiacente.
Per tali motivi, in data 20 febbraio 2019, le predette aree oggetto di illecito spandimento venivano poste sotto sequestro dai militari forestali.Un ulteriore e successivo sopralluogo consentiva altresì di accertare che la gran mole di rifiuti zootecnici si era in parte riversata anche sui terreni circostanti e che parte del letame defluiva all’interno di un canale di scolo delle acque piovane, con trasporto di quel rifiuto anche sui fossi circostanti, fino ai fossi di maltempo che conducono al limitrofo fiume Volturno. Va precisato che lo spandimento dei rifiuti zootecnici provenienti dagli allevamenti bufalini non è di per se ed in modo assoluto vietato, ma è normato dalla legislazione regionale in modo da evitare l’inquinamento dei fondi su cui esso viene effettuato. Tale normativa prescrive dettagliati adempimenti volti a consentire agli enti locali preposti un efficace controllo su tale attività, in quanto potenzialmente produttiva di danni all’ambiente nell’ipotesi di sovraccarico dello spandimento medesimo.
Così, è innanzi tutto posto il divieto di spandimento dei liquami, mediante aspersione, irrorazione, distribuzione superficiale ed interramento negli strati superficiali, tra l’altro: 1) in aree non agricole; 2) in aree boschive; 3) in aree con pendenza media maggiore del 15% (se prive di adeguate sistemazioni idraulico agrarie volte ad evitare il il c.d. “ruscellamento”. Inoltre, è prescritto a carico dell’autore dello spandimento, quando consentito, l’onere di inoltrare una comunicazione dello spandimento medesimo al Sindaco del Comune in cui sono ubicati i terreni sui quali la pratica dovrebbe avere luogo, almeno entro 60 giorni prima della distribuzione. Ciò al fine di consentite a tale Autorità di esercitare i controlli sull’attività di spandimento e, se del caso, inibirla del tutto.
La normativa in argomento prevede che la comunicazione deve essere redatta secondo un modello predisposto dalla Regione Campania e deve contenere tutti i dati inerenti la quantità di rifiuti sparsi e le caratteristiche e condizioni idrogeologiche dei fondi su cui avviene lo spandimento. Ciò chiarito, nel caso di specie appare evidente l’abusività della condotta posta in essere dall’indagato e non solo per l’accertamento del dato formale costituito dal mancato inoltro al Sindaco di Baia e Latina, ove ricadono i terreni, della comunicazione predetta, ma anche perché lo spandimento delle deiezioni degli animali è avvenuto, in spregio alla normativa vigente, in terreni non agricoli, senza cura alcuna della loro pendenza ed in modo da cagionare l’inquinamento di aree boschive. I rilievi fotografici effettuati dai militari forestali nell’immediatezza degli eventi hanno fatto emergere nitidamente che il terreno ove era stato operato lo spandimento appariva come una distesa desolata di letame, sul quale non sorgeva vegetazione alcuna, a differenza di quanto, invece, era visibile nei terreni circostanti, in cui si apprezzava la sussistenza di una vegetazione rigogliosa.
Dai medesi rilievi tecnici emergeva, altresì, la “compromissione” della matrice ambientale “significativa” e “misurabile”, in quanto lo spandimento abusivo riguardava una porzione “estesa” del suolo sussumibile in una quantità immensa di rifiuti zootecnici che avevano ricoperto quasi integralmente terreni delle dimensioni di 3 ettari ed 1,5 ettari, con spessore variabile fino ad arrivare a mt 1,30. Le conseguenze ambientali derivati da quanto descritto sono, in definitiva, da ritenersi disastrose in quanto sui fondi ove è stato operato l’illecito spandimento non si apprezza la presenza di vegetazione alcuna, la cui crescita è evidentemente del tutto inibita dalla presenza di una quantità così massiccia di letame, che impedisce anche la naturale ossigenazione del terreno.
Inoltre, a causa della naturale pendenza dei fondi interessati, il letame si è lentamente distribuito anche sui fondi limitrofi, da un lato andando a coprire con uno strato di 1 O cm il bosco adiacente, con l’aggravante di essere la zona peraltro paesaggisticamente vincolata, e dall’altro diffondendosi agli altri terreni mediante i fossi di scolo laterali, che verosimilmente conducono tutti al limitrofo fiume Volturno. Le dimensioni del fenomeno rendono evidente che lo spandimelo dei rifiuti zootecnici è il frutto di una consolidata prassi aziendale illecita, reiterata nel tempo, senz’altro riconducibile alla volontà del legale rappresentante dell’Azienda nei cui confronti è apparso assolutamente necessario applicare la misura coercitiva del divieto di dimora nella provincia di Caserta e della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale per la durata di mesi otto, dovendosi evitare una gestione dell’azienda nel modo su descritto. Solo impedendo all’indagato lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, nonché l’accesso al sito ove sorge l’azienda di cui è titolare, è possibile evitare che la stessa eserciti ogni influenza sulle scelte che verranno operate in ordine alla gestione dei rifiuti prodotti.
Articolo pubblicato il giorno 19 Luglio 2019 - 13:27