Napoli e Provincia

Pompei, il Tar boccia l’opposizione allo ‘svuotamento’ di Casa Borrelli

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NOI CREDEVAMO è il titolo di un film del Regista napoletano Mario Martone arrivato nelle sale cinematografiche nell’anno 2010. Esso è dedicato ai primi moti risorgimentali avutisi nel Cilento. I fermenti “antisistema” borbonico iniziarono infatti in Cilento già nella prima metà dell’Ottocento e si svilupparono fino alla presa di Porta Pia del 1870 e ai primi passi della nuova Italia “unita”.
Una unità pagata purtroppo soprattutto dal Meridione con la scomparsa del Regno di Napoli, il più antico Regno d’Europa, durato ininterrottamente circa ottocento anni.
In breve, il Cilento fu il territorio della nostra regione più pronto a schierarsi con le bandiere e le lusinghe dei filosavoiardi. I Cilentani si sentivano periferia trascurata dai Borboni regnanti a Napoli.
E in effetti lo erano, anche perché tagliati fuori dalla direttrice della Strada Regia delle Calabrie la quale, dopo Salerno, puntava direttamente verso la Calabria. Rimaneva però fuori dal percorso la breve penisola cilentana, popolata da poveri borghi marittimi e da paesini presepiali dispersi sulle colline interne.
I cilentani guardavano con disappunto ai palazzi, alle regge e alle lussuose residenze reali che punteggiavano i dintorni di Napoli e la Campania più vicina ai Palazzi del potere Borbonico. C’era il Palazzo reale di Napoli, ma c’erano anche le Regge di Caserta e di Portici. E poi i casini Reali di Carditello e di Persano. Per non parlare delle Ville sontuose del Miglio D’oro e dei palazzi della nobiltà napoletana.
Insomma nel Cilento dimenticato si sviluppò un forte sentimento antiborbonico ben alimentato da alcuni proprietari terrieri locali. Essi conoscevano Napoli, capitale cosmopolita e aperta, che ospitava anche élites vicine alle idee giacobine europee che facevano la fronda al regime borbonico. Ma Napoli in quegli anni aveva un Re – Francesco II, detto Franceschiello dal popolino con un misto di affetto e ironia – non proprio all’altezza del compito di sovrano di un Regno nel mirino dell’Inghilterra, allora unica grande potenza mondiale.
Questa proemio storico – di cui ci scusiamo con il lettore, qualora l’abbia vista come una tiritera – è stata utile a introdurre la questione del “progetto EAV” di Pompei. Anche il Comitato “No sottopassi” si è mosso contro il “sistema” Pompei, inteso come nodo di poteri locali e regionali. Il Comitato, composto di qualche centinaio di persone della periferia nord del paese (n.d.r.: e solo là, non in altre zone), accusa il Centro Città di essere composto di “élite”, interessate a uno sviluppo distorto. Queste élites urbane sarebbero colpevoli di essersi urbanizzate – in alcuni casi da qualche secolo, ma è un dettaglio trascurabile – con i vantaggi conseguenti.
Questa è stata la prima e più colossale fake, diffusa fin dal primo momento. Ovviamente nessuno del Comitato ha parlato dei disagi dei residenti al centro città dovuti al caos del traffico, alla più accentuata calura estiva, ai problemi dovuti a pellegrinaggi e processioni improvvise, allo smog perenne, che ha punte di pericolosità estrema nella quotidiana “via crucis” pomeridiana delle auto in fila tra Centro città e via Nolana.
La divaricazione in quest’ultimo paio di mesi ha diviso però più la Stampa, che la opinione pubblica pompeiana. Quest’ultima distratta e coinvolta dal movimento del nascente JazzitFest.
Il confronto, sia pure aspro, appariva démodé; dal retrogusto postsessantottino e pseudorivoluzionario.
Questo giornale ha assunto una posizione riformista e possibilista sul problema fin dal primo momento. E la ha mantenuta costantemente. Senza soggiacenze ai poteri locali o regionali, ma ritenendo il potenziamento dell’ assetto viario di Pompei un’opera essenziale per lo sviluppo.
Certamente non la migliore soluzione, ma….
Abbiamo perciò cercato di far capire che il futuro dei circuiti turistici e religiosi di Pompei Città sarà nella direttrice che collegherà il Centro Urbano di Pompei con il Nord, cioè il Nolano-Vesuviano e la linea d’Alta Velocità a monte del Vesuvio. La stessa ipotizzata linea di “metropolitana leggera” EAV da Pompei a Sarno va nella stessa direzione, la futura stazione del TAV nell’agro Sarnese.
Il nascente grande aeroporto di Salerno/Costa d’Amalfi, deliberato in questi giorni, è la conferma che avevamo visto giusto. E che la battaglia del Comitato “No Sottopassi” era perdente e passatista, altro che rivoluzionaria contro le élites!
Non ci soffermiamo sul Progetto EAV ex Circumvesuviana perché esso ormai è fin troppo noto, anche se scopriamo giorno dopo giorno che gran parte dei Pompeiani ne ignoravano la esatta portata e la essenza. Perché? Detto in due parole? Eccole: sia perché semplicemente se ne fottevano, sia perché ne ricevevano gli echi, ma sopratutto come fake news. Insopportabilmente numerose aggiungiamo noi.
Da queste colonne – che non si sono limitate a fare da gazzettino acritico agli eventi – sono partite idee per il superamento del confronto sociale con la ottimizzazione del Progetto EAV. E la richiesta di inserire nel Progetto EAV la riconferma della destinazione d’uso benefica per la Casa Borrelli, coinvolta dai lavori, ma utilizzata nella polemica dal Comitato “No sottopassi”. Il TAR infatti ha bocciato il ricorso contro il temporaneo svuotamento della “Casa” per consentire i lavori.
Lo scorso 12 Luglio però la Conferenza dei Servizi, approvando con modifiche opportune il Progetto EAV ha sancito in pubblica riunione molte delle nostre proposte, compresa quella per la Casa Borrelli. Possiamo dire finalmente di avere svolto un buon servizio per POMPEI. E diciamo grazie ai lettori che ci hanno sostenuti nel solitario nostro impegno di verità.

 Federico L. I. Federico


Articolo pubblicato il giorno 14 Luglio 2019 - 20:09
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