C’è preoccupazione, nel carcere Poggioreale di Napoli, per il drammatico bilancio di morti nelle ultime ore. “In tre giorni abbiamo contato ben tre morti, due suicidi ed una morte per cause naturali”, denuncia Emilio Fattorello, segretario nazionale per la Campania del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. “Siamo preoccupati perché agli annunci di sfollamento della struttura detentiva fatti dopo la rivolta nel Padiglione detentivo Salerno, per altro gravemente danneggiato dai rivoltosi, non è poi seguito alcun provvedimento concreto e Poggioreale ospita sempre più di 2.300 detenuti. E il caldo afoso di questi giorni mette a serio rischio la vivibilità delle celle sovraffollate, lasciando dunque la situazione di criticità nella esclusiva gestione del personale di Polizia Penitenziaria. Il carcere di POGGIOREALE ha dunque oggettive difficoltà che meriterebbero urgenti interventi da parte dell’Amministrazione Penitenziaria, provvedimenti che però non vengono adottati. Ma questo, e va rimarcato con forza, non pregiudica le condizioni di sicurezza dell’Istituto e la dignità della detenzione dei ristretti. A Poggioreale, le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato. Ma come si può lavorare in un carcere sovraffollato da oltre 2300 detenuti?”.
Donato Capece, segretario generale del Sappe, è netto nella denuncia: “Nonostante le costanti e quotidiane denunce del Sappe sulle critiche condizione del carcere di Poggioreale ci sembra che chi avrebbe la competenza di intervenire ha altro a cui pensare… Il bilancio di Alfonso Bonafede alla guida della giustizia è sotto gli occhi di tutti. I numeri riferiti agli eventi critici avvenuti tra le sbarre delle carceri italiane nell’intero anno 2018 sono inquietanti: sono nettamente aumentati gli atti di autolesionismo, i tentati suicidi (per fortuna sventati in tempo dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria), le colluttazioni, i ferimenti e persino i tentati omicidi in carcere”.
“La cosa grave”, conclude Capece, “è che tutti questi numeri si sono concretizzati proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario ‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria. Ed è grave che il Ministero della Giustizia non sia in grado di mettere in campo efficaci strategie di contrasto a questa spirale di sangue e violenza”.
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