Fu un errore medico a provocare la morte di Chiara Gonnella, la donna deceduta nel 2000 a seguito di un intervento di isterectomia in cui le venne perforato l’intestino. A stabilirlo, a distanza di 19 anni, i giudici della Corte di Cassazione che hanno rigettato il ricorso presentato dai due chirurghi finiti nel mirino della Procura e condannati in Appello: sei mesi alla dottoressa che coordinava l’equipe, quattro mesi al primo assistente.
I fatti risalgono al 2 marzo del 2000 quando Chiara fu ricoverata all’ospedale di Oliveto Citra per essere sottoposta ad un intervento di asportazione dell’utero. Ma qualcosa non andò per il verso giusto. Secondo quanto stabilito da perizie tecniche il primo errore fu la scelta da parte dei medici di sottoporla ad una laparoscopia e non ad una proceduta più tradizionale. E tale decisione non venne cambiata neanche durante o dopo l’intervento quando iniziarono ad emergere i primi problemi. La paziente fu rioperata d’urgenza due giorni dopo per una peritonite ma, col trascorrere delle ore, la situazione degenerò e il 6 marzo morì per un arresto cardiorespiratorio dovuto allo choc settico.
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