La direzione nazionale del patronato Inapi, Istituto nazionale assistenza piccoli imprenditori, ha incontrato il Comitato esodati indennizzo commercianti e dopo aver ascoltato le ragioni che sottendono alla loro richiesta, nonché la loro denuncia nei confronti del governo che non pone fine a una stortura presente nella passata manovra di bilancio, ha deciso si sostenere e appoggiare in toto la richiesta di estendere la concessione indennizzo per cessazione attività anche per quanti sono rimasti paradossalmente esclusi, da un’interpretazione errata ed assurda della circolare numero 77 dell’Inps”. E’ quanto si legge in una nota Inapi.“L’indennizzo commercianti, già previsto dalla legge 207/1996, inizialmente una misura temporanea, è stato prorogato – spiega – nel corso degli anni per interrompersi a fine 2016, in quanto nel 2017 non vi è stata alcuna proroga. Poi, la legge di stabilità 2019 (comma 283, legge 145/2018) ha reso l’indennizzo definitivo, ma a partire dal 2019, inserendo un paletto che non poteva non saltare agli occhi degli aspiranti percettori della prestazione. Gli stessi, pur avendo versato la quota dovuta per anni nell’apposito fondo, si trovano oggi, a differenza dei colleghi tutelati, fuori dalla misura di welfare perché hanno avuto la sfortuna di chiudere l‘attività fra il 2017 e il 2018”.
“Il nodo del dibattito – avverte il patronato – consta proprio nell’interpretazione illogica che la circolare Inps suddetta dà del testo di legge, prevedendo che la misura possa essere usata solo da ‘coloro che cessano l’attività a decorrere dal 1° gennaio 2019′. Il testo della legge specifica unicamente che l’indennizzo è previsto ‘a decorrere dal primo gennaio 2019′, senza, purtroppo, esplicitare eventuali retroattività. Lasciando nel limbo, senza reddito da lavoro né indennizzo, appunto coloro che hanno avuto la sfortuna di chiudere l’attività nel biennio precedente. Alla luce di questa ricostruzione normativa, ci pare doveroso sostenere la causa portata avanti dal ‘Comitato esodati indennizzo commercianti’ che chiede, da tempo, di trovare una soluzione in tal senso, quanto prima”.“Il rischio – dice Domenico Cosentino, presidente del patronato Inapi – in caso contrario è per l’ennesima volta di creare disuguaglianze all’interno della stessa categoria di lavoratori, alcuni fortunati avranno l’indennizzo, cittadini di seria A, e altri, pur avendo pagato nel corso degli anni di attività una quota al medesimo fondo, proprio per tutelarsi nell’evenienza di una cessazione attività, si trovano per assurdo privi di tutela, divenendo cittadini di serie B”. La misura, sostengono i commercianti, “è divenuta strutturale, ma noi siamo l’unico biennio a non poterne usufruire, giacché negli anni precedenti è sempre stato prorogata in maniera retroattiva”.
“L’indennizzo, inoltre, è bene ricordarlo, viene da sempre alimentato tramite un incremento percentuale sui contributi (0.09%) pagato da tutti i commercianti, dunque anche da noi, negli anni precedenti alla nostra chiusura”, aggiunge.“Confidiamo – sottolinea il presidente Cosentino – che tale paradosso venga sanato e venga ridata la giusta dignità a quanti abbiano più di 62 anni se uomini e più di 57 anni se donne e risultino iscritti, al momento della cessazione dell’attività, per almeno 5 anni, come titolari o coadiutori, alla gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali, affinché l’indennizzo possa accompagnare tutti i commercianti, già provati dalla fine della loro attività, all’età pensionabile prevista dalla legge”.
Articolo pubblicato il giorno 8 Luglio 2019 - 16:39