“Problema delle connessioni tra mafia e politica: vi e’ un problema di ordine generale. Mi sono formato la convinzione, tra l’altro condivisa dal collega Falcone dopo 8 anni di indagini sulla criminalita’ mafiosa, che il famoso terzo livello di cui tanto si parla – cioe’ questa specie di centrale di natura politica o affaristica che sarebbe al di sopra dell’organizzazione militare della mafia – sostanzialmente non esiste. Dovunque abbiamo indagato, al di sopra della cupola mafiosa, non abbiamo mai trovato niente”. Lo si legge in uno dei passaggi della deposizione di Paolo Borsellino, resa a Palermo nel 1988 contenuta tra gli atti desecretati oggi dalla Commissione Antimafia. “Da tante indagini viene fuori invece – prosegue il giudice nella sua deposizione – contiguita’ e i reciproci favori in riferimento alle attivita’ delle organizzazioni mafiose a livello elettorale, che permetteva quantomeno di rendere favori elettorali, probabilmente con la speranza di averli resi in altro modo”.
Paolo Borsellino, quando era procuratore a Marsala, dimezzò la sua scorta pur di poter organizzare una volante in più per poter pattugliare il territorio h24. L’11 dicembre 1986 a Trapani Borsellino fu audito dalla Commissione parlamentare antimafia (IX legislatura) nella sua qualità di Procuratore di Marsala, ufficio nel quale si era insediato da appena tre mesi. Come emerge dagli audio desecretati dalla Commissione Antimafia, è lui stesso che, illustrando la situazione della procura, racconta: “Siccome in questo Comitato di sicurezza si minacciava di far tardi, non si poteva uscire perché non si era riusciti a capire come si doveva istituire una ‘volante’ che circolasse di notte a Marsala (non era possibile: non c’erano gli uomini) e io ero stanco, ad un certo punto mi venne in testa (per stanchezza, perché me ne volevo andare) di fare la proposta di dimezzarmi la scorta per fare la ‘volante’. In questo modo si è fatta la ‘volante’. Infatti a Marsala, la quinta città della Sicilia, con centomila abitanti circa considerando le borgate, con 106 contrade (si è parlato tante volte di città-territorio) non c’era una ‘volante’ né della polizia, né dei carabinieri, che potesse assicurare l’intero arco delle ventiquattro ore”. Un buco non di poco conto. Infatti il magistrato spiega: “Mi ricordavo che una volta Buscetta aveva detto che gli era stato presentato un capomafia di Bagheria mentre egli passeggiava in Via Ruggero Settimo; nel mio scrupolo io gli avevo contestato: ‘Ma come passeggiava in Via Ruggero Settimo, se lei era latitante?’, ‘No, signor giudice, perché nel nostro ambiente si sapeva che tra le due e le quattro c’è la smonta, volanti non ne circolano, conseguentemente noi latitanti scendiamo a fare la passeggiata'”. E ancora Borsellino ricorda le parole di Buscetta: “Guardi, lei non crede che le organizzazioni criminali sappiano che se la volante è nella contrada Strasatti, non può essere in un’ altra contrada, perché non può essercene un’altra? Lei quindi non crede che qui sentiamo una libertà di movimento che supera i limiti di ogni possibile immaginazione?”. Borsellino, quindi, ricorda che in uno degli omicidi di mafia avvenuto a Marsala, i mafiosi erano riuniti ad aspettare la notizia dell’avvenuta esecuzione e furono arrestati, e la “fortunata operazione” attraverso cui furono “beccati”,”è avvenuta perché io quel giorno, contravvenendo forse ad un obbligo, me ne era andato a Palermo e la mia scorta era stata adibita al controllo sul territorio. La mia scorta ovviamente era stata dimezzata”. E – spiega Borsellino – “io pretesi ciò: non me ne faccio niente della scorta perché ho la macchina blindata. Era inutile che mi mettessero a disposizione quattro uomini; allora ho detto: ‘Mettetemene a disposizione due, così gli altri vanno a fare gli altri servizi!”. Ebbene “quegli stessi due che erano rimasti nella mia scorta furono quelli che fortunatamente, essendo io assente da Marsala, condussero questa operazione che portò alla scoperta di questi signori, di cui ora si occupa il collega giudice istruttore. Questa è la situazione, signori”
“Le indagini fatte su questa Stella d’Oriente, in cui erano presenti anche massoni, non hanno consentito di portare all’accertamento di attività criminali direttamente espletate attraverso la stessa. Pero’ la documentazione trovata e’ risultata utilissima in riferimento all’accertamento di determinati rapporti o collegamenti tra elementi di famiglie mafiose palermitane, marsalesi e campane”. Si legge ancora in altri passaggi della deposizione di Paolo Borsellino, resa a Palermo nel 1988 contenuta tra gli atti desecretati oggi dalla Commissione Antimafia. Alla domanda di uno dei relatori se vi fossero evidenze anche di connessioni tra magistrati e massoneria, Borsellino replicava: “Non credo, quello che ho sentito e’ che qualche magistrato frequentasse il circolo, non pero’ che fosse aderente alla loggia. Vi aderivano comunque anche elementi mafiosi o sospetti di mafiosità”.
“E’ una mia convinzione, basata su dati di fatto, che la zona di Marsala sia diventata una specie di ‘santuario’ delle cosche mafiose. Mi sono chiesto come mai Bernardo Provenzano e Salvatore Riina, capi riconosciuti di Cosa Nostra, hanno l’uno parenti e l’altro grandi proprieta’ terriere a Castelvetrano. Perche’ il fratello di Riina abita a Mazara del Vallo da circa 20 anni e per una certa situazione riguardante le forze di Polizia, pur sapendo che si recava ogni settimana a Corleone non era mai stato fatto un pedinamento”. Questo uno dei passaggi della deposizione di Paolo Borsellino, resa a Trapani nel 1986, contenuta tra gli atti desecretati oggi dalla commissione Antimafia. “E’ chiaro – prosegue il testo – che Riina, che ha dei figli che non si sa dove siano, un contatto con il mondo esterno, con la vita civile deve pure tenerlo. Niente di strano che lo tenga attraverso il fratello, sul quale non si era fatto alcun accertamento. Io ho rilevato l’esigenza di farlo”.
Articolo pubblicato il giorno 16 Luglio 2019 - 18:39