E’ morto a Roma, all’età di novant’anni, Luciano de Crescenzo. L’ingegnere filosofo, regista, attore e conduttore televisivo era nato il 20 agosto 1928 a Napoli. Nato nella zona di Santa Lucia, al quartiere San Ferdinando, si laureò in ingegneria idraulica all’universita’ Federico II di Napoli ed esercitò per alcuni anni la professione a Milano. Assunto all’Ibm ci rimase per quasi venti anni, nel ruolo di addetto alle pubbliche relazioni. Lasciò il lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla sua vera passione, la scrittura, incoraggiato anche dall’interessamento di Maurizio Costanzo. La sua prima e più famosa opera “Così parlò Bellavista” è del 1977. Il libro ebbe una diffusione e vendita di oltre 600mila copie e, tradotto anche in giapponese, divenne un vero e proprio caso letterario. Le sue opere sono state tradotte, ad oggi, in 19 lingue e sono distribuite in 25 Paesi. Figlio di un fabbricante e negoziante di pellami, ha svelato negli anni e a modo suo, ogni dettaglio della sua biografia: dai genitori che si conoscono “in fotografia” grazie a una popolare sensale del tempo fino alle marachelle col compagno di scuola Carlo Pedersoli in arte Bud Spencer; dall’apprendistato nella ditta del padre ai brillanti studi in ingegneria idraulica passando per i giorni di guerra a Cassino.
La passione per il cinema e la frequentazione della tv lo incitano a passare dietro la macchina da presa. Avverrà proprio con “Bellavista” nel 1984 ma prima, con la complicità dell’amico Roberto Benigni e poi con la guida di Renzo Arbore, mette a fuoco le sue doti di attore e improvvisatore ne “Il Pap’Occhio” (1980) per poi ritrovare gli stessi amici tre anni dopo in “FF.SS” sempre con la regia di Arbore. Nel 1984, Luciano si mette in proprio adattando per lo schermo “Così parlò Bellavista” seguito nell’85 da “Il mistero di Bellavista”. Sono commedie di buon successo ma in fondo non soddisfano la passione del divulgatore culturale che è in lui e che si sfoga invece in una lunga serie di best seller tra la narrativa, la barzelletta e la saggistica, attingendo sempre più spesso agli umori della cultura partenopea e al mito della Magna Grecia. Proverà a coniugare le sue passioni più sofisticate nel surreale “32 dicembre” del 1988 che è un trattatello a episodi sulla relatività del tempo ispirato a un’altra delle sue prove letterarie: “I dialoghi di Bellavista”. Luciano De Crescenzo firmerà il suo ultimo film, e il più personale, nel 1995 con una delle amiche più care, Isabella Rossellini, e Teo Teocoli: “Croce e delizia”. In compenso da allora ha trovato in Lina Wertmuller una nuova complice che per due volte lo ha convinto ad apparire nei suoi film, “Sabato, domenica e lunedi'” e poi “Francesca e Nunziata”. Sempre attivo sul fronte editoriale con un totale di 50 libri pubblicati, De Crescenzo ha invece drasticamente ridotto e poi annullato le sue presenze in tv fin dal 2007. Una noiosa e persistente malattia neurologica ne ha limitato quella socialità che lo ha consacrato come sofisticato e popolarissimo intellettuale partenopeo, erede dei Caccioppoli, dei Croce, Rea, La Capria e di una cultura che ha le sue radici nella culla del Mediterraneo.
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