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Diritto all’oblio se non c’è più memoria collettiva, ad esprimersi sul caso la Corte di Cassazione

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Se su un fatto di cronaca, risalente nel tempo, non vi e’ piu’ una “memoria collettiva” che giustifichi la pubblicazione di un articolo di stampa in cui si ricordi l’accaduto, prevale il diritto all’oblio. A sancirlo sono state le sezioni unite civili della Cassazione accogliendo il ricorso di un uomo che chiedeva il risarcimento danni a un quotidiano, in relazione a un articolo, pubblicato nel 2009 in una rubrica domenicale dedicata a fatti di cronaca nera del passato, in cui si ripercorreva la sua vicenda giudiziaria che lo vedeva e condannato per l’omicidio della moglie avvenuto nel 1982, con una pena espiata di 12 anni di reclusione. Il tribunale e la Corte d’appello di Cagliari avevano rigettato la sua istanza, per cui l’uomo si era rivolto alla Cassazione, che ha ora disposto un processo d’appello bis. “In tema di rapporti tra il diritto alla riservatezza, nel caso di specie in riferimento al diritto all’oblio e il diritto alla rievocazione storica di fatti e vicende concernenti eventi del passato, il giudice di merito, ferma restando la libertà della scelta editoriale in ordine a tale rievocazione – è il principio di diritto enunciato dai giudici a cui dovrà attenersi la Corte d’appello di Cagliari in sede di rinvio – che è espressione della libertà di stampa e di informazione protetta e garantita dall’articolo 21 della Costituzione, ha il compito di valutare l’interesse pubblico, concreto ed attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti”. Tale menzione, spiega ancora la Cassazione, “deve ritenersi lecita solo nell’ipotesi in cui si riferisca a personaggi che destino nel momento presente l’interesse della collettivita’, sia per ragioni di notorieta’ che per il ruolo pubblico rivestito”. In caso contrario, aggiungono i giudici di piazza Cavour, “prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto ad avvenimenti del passato che li feriscano nella dignità e nell’onore e dei quali si sia ormai spenta la memoria collettiva, nella specie, un omicidio avvenuto 27 anni prima, il cui responsabile aveva scontato la relativa pena detentiva, reinserendosi poi positivamente nel contesto sociale”.


Articolo pubblicato il giorno 22 Luglio 2019 - 18:17


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