Altri otto carabinieri finiscono a processo nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi. È la decisione presa dal gup di Roma che manda a giudizio i militari coinvolti nel filone sui presunti depistaggi legati alla vicenda.Tra loro ci sono alti ufficiali dell’Arma come il generale Alessandro Casarsa, che nel 2009 era alla guida del gruppo Roma e il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del Reparto operativo della capitale. Gli otto sono imputati a vario titolo per falso, omessa denuncia, calunnia e favoreggiamento.L’inchiesta del pm Giovanni Musarò ruota attorno alle annotazioni redatte da due piantoni dopo la morte del geometra e modificate per far sparire ogni riferimento ai dolori che il giovane lamentava la notte dell’arresto dopo il pestaggio subito nella stazione della Compagnia Appia.Prima udienza fissata al 12 novembre, quando compariranno davanti alla settima sezione penale anche Massimiliano Labriola Colombo, ex comandante della stazione di Tor Sapienza, dove Cucchi venne portato dopo il pestaggio, Francesco Di Sano, che a Tor Sapienza era in servizio quando arrivò il giovane, Francesco Cavallo all’epoca dei fatti capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma, il maggiore Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro, Tiziano Testarmata, ex comandante della quarta sezione del nucleo investigativo, e il carabiniere Luca De Ciani.Una “giornata storica”, è il commento di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che ringrazia Riccardo Casamassima, il militare dalla cui denuncia scaturì l’indagine che ha portato altri cinque carabinieri a giudizio, tre dei quali per omicidio preterintenzionale.”Dieci anni fa, mentre ci battevamo in processi sbagliati, non potevamo immaginare cosa succedeva alle nostra spalle e sulla nostra pelle – dice la sorella di Stefano Cucchi lasciando il tribunale dopo la decisione del gup – . Oggi per quei motivi qualcuno ne risponderà in un’aula di giustizia. E per la prima volta – aggiunge – ho sentito parlare dal vivo il generale Casarsa. Le note mediche presenti nella sua relazione del 30 ottobre e che anticiparono le conclusioni di esperti medici legali che ancora dovevano essere nominati furono frutto di informazioni avute quel pomeriggio dal comandante Tomasone. Insomma così decisero a tavolino di che cosa doveva esser morto Stefano”.Secondo la procura, dal generale Casarsa partì la richiesta di modifica delle due annotazioni chieste sul caso ai piantoni Francesco Di Sano e Gianluca Colicchio (quest’ultimo non indagato perché si rifiutò di firmare la versione modificata dell’annotazione).Dalle note venne cancellato ogni riferimento ai dolori che Cucchi pativa per le botte prese. Il procedimento ripercorre le tante presunte bugie dette o scritte da esponenti dell’Arma per coprire la verità, le mancate denunce di chi sapeva cosa era successo e un registro sbianchettato per far sparire le tracce del passaggio di Cucchi nella caserma Appia.Intanto va avanti davanti alla prima corte d’assise il processo ai cinque carabinieri nel quale rispondono di omicidio preterintenzionale Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e il super teste Francesco Tedesco, che, a procedimento iniziato, ha denunciato il pestaggio subito da Stefano. Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto e calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti a capo della stazione Appia. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero imputati nel primo processo sul caso.
Articolo pubblicato il giorno 16 Luglio 2019 - 19:37